La cura 2.0: il web e la metamorfosi della malattia

Il panel “Condivisa, competente e digitale: la cura 2.0”, tenutosi al Centro Servizi G. Alessi, focalizza l’attenzione sulle possibili gestioni on-line della malattia, a partire dall’utente comune e nello specifico dalla persona direttamente malata. Il confronto coinvolge Paolo Eusebi, assistente di ricerca all’Università di Perugia e cofondatore di Polygree, la giornalista Tiziana Moriconi, che si occupa di oncologia anche per d.repubblica.it e Tom Jefferson, rilevante esponente del CEBM. Non sono più potuti essere presenti al panel Isabella Baroni, promotrice di Giovanioltrelasm.it, e Salvatore Iaconesi, fondatore di Art is Open Source. Proprio quest’ultimo ha dovuto affrontare la diagnosi di un tumore al cervello, sviluppando un approccio collaborativo in materia, diffondendo i propri dati. “La cura”, libro di Iaconesi del 2016, è una diretta fonte d’ispirazione per questo panel.

Eusebi intraprende la discussione facendo riferimento alle potenzialità comunicative messe a disposizione dalle nuove piattaforme tecnologiche online. Tale ottica di utilizzo si può applicare a diverse categorie contenutistiche, compresa la vissuta esperienza della malattia con la connessa verifica di veridicità delle informazioni. Eusebi, riferendosi anche allo spin-off universitario Polygree e al suo slogan “The social check of information”, sottolinea come in generale sia difficile distinguere notizie autentiche e “bufale” e mettere in atto un controllo capillare dei dati. Due sono i gap a cui si riferisce esplicitamente, superabili con una coesa cooperazione dell’utenza: la differente tempistica di diffusione delle bufale (6-12 ore per diventare virali) rispetto alla verifica delle informazioni messa in atto dagli esperti (fino a 1 settimana) e la pratica di vedere costantemente degli interessi opachi nello smascheramento di notizie false da parte di specifici debunker. Si possono quindi superare queste lacune, secondo Eusebi, con un’ottica open source e una partecipazione attiva multilivello da parte degli addetti ai lavori e non. L’utilizzo delle rete in tali termini rende possibile sia la trattazione collettiva di tematiche delicate, quali la salute e la malattia, che l’eventuale arricchimento conoscitivo di ciascuno.

Moriconi, in tale ottica, presenta un caso emblematico di web collaborativo positivo, che coinvolge 5 donne accomunate dalla stessa malattia: il tumore al seno metastatico (“Tumore al seno metastatico – Noi ci siamo”). La giornalista spiega come tale termine sia ancora usato e percepito con distacco nella generalità dei casi, sintomo di un tabù ancora radicato nella società. La mission di questo progetto tramite la rete è quella di collegare le varie esperienze quotidiane di vita, nonostante la malattia inguaribile. Quello che emerge è un gran messaggio di speranza e unione tra le parti. La gravosa diagnosi risulta ancor più drammatica se si cerca su Google “tumore seno metastasi”. Queste donne, invece, suggeriscono di non arrendersi al proprio destino, mostrando “risultati diversi”. Affiorano così difficoltà, bisogni e desideri simili che accorciano le distanze della patologia. Il risultato è la creazione di una vera e propria community capace di organizzare raduni nei cafè di Milano. Un’idea che va oltre la data di scadenza dei 6 mesi previsti, per raggiungere con successo i 3 anni di vita (in 1 anno arrivano 600 commenti, per la maggior parte dei quali formati da parole di gratitudine e vicinanza). Moriconi racconta come questo sia stato possibile anche grazie alla grande dedizione di Francesca Balena nel voler “urlare la sua metastasi” e mutare lo status quo della gestione online del tumore al seno metastatico.

Altro caso interessante in termini di fuoriuscita dall’isolamento e dall’auto-isolamento, come crescita di consapevolezza personale ed empowerment del paziente, è l’esperienza riportata di Baroni. In Giovanioltrelasm.it si sono riuniti 9 blogger capaci di conferire un nuovo valore alla malattia, raccontandola.

Inoltre, Jefferson mette in luce il pericolo del propagarsi di notizie parziali e tendenziose che spesso non appaiono chiaramente come tali. Ciò risulta ancor più grave se si pensa a contenuti incompleti ed alterati, riferiti a malattie gravi ed incurabili. Un agglomerato di informazioni lacunose e superficiali porta a perdere il controllo sulla veritiera conoscenza. Jefferson, però, non ricollega tale dinamica alla natura dei social network, che riconosce come moltiplicatori e strumenti dai vari utilizzi e fini. Tuttavia, spesso si mette in atto questo tipo di manipolazione per “creare dei mercati non solo di natura economica, ma anche di carriere e posizioni”.

Ecco quindi emergere la nuova declinazione della rete, anche in ambito medico, che trasla la relazionalità offline in quella online e contemporaneamente conduce dal virtuale al reale. Ogni paziente diventa un protagonista attivo, in grado di condividere la propria esperienza e di accrescere il proprio sapere. Tutto ciò nell’ecosistema internet, con i suoi pro e contro.