La redazione in azienda: come funzionano i nuovi mestieri della comunicazione

Eni e la comunicazione aziendale

Il panel “La redazione in azienda. Come funzionano i nuovi mestieri della comunicazione” ha visto protagonista il team social media di Eni, coordinato dal responsabile del social media management e delle digital PR Daniele Chieffi: Roberto Albini, ufficio stampa, Andrea Andreoni, communication specialist, Viviana Esposti, digital PR, Vincenza Gargiulo, social media manager e Anna Pegolo, anche lei nel team social. A moderare l’incontro lo speaker Giacomo Dotta, di Webnews.

Il focus dell’intero panel è stato il lavoro di team realizzato all’interno dell’azienda nel campo della gestione della comunicazione e dei social media. Come lavora un team? Cosa c’è dietro l’intero processo comunicativo aziendale?

La parola passa subito a Vincenza Gargiulo, che spiega come il lavoro venga svolto tenendo conto delle molteplici attività e campi di interesse di Eni (che spaziano dal settore petrolifero a quello culturale e sociale), per una comunicazione di insieme che è non solo istituzionale, ma anche di brand. Quello che il team social media fa è raccontare l’azienda e la sua identità attraverso una comunicazione che da interna passa ad esterna e che viene declinata in modo diverso in base ai canali utilizzati e al target di riferimento. Per spiegare operativamente il processo comunicativo si parte da un’esigenza aziendale: spiegare e raccontare un recente record. Come? Il primo passo è la creazione di un hashtag di riferimento (#Enirecord in questo caso), che ha visto la nascita di ben sette progetti social upstream. Il problema nasce nel momento in cui il team si trova a dover raccontare qualcosa di complesso a un target estraneo alle tematiche e ai processi tecnici. Per raggiungere l’obiettivo è stato creato un video (in due differenti versioni) che ha permesso di raccontare, appunto, quali record aziendali sono stati realizzati e come.

L’ideazione del racconto ha bisogno di tempo perché i destinatari ne fruiranno in diversi contesti: Twitter, Facebook Instagram e Youtube sono i canali scelti e utilizzati da Eni per veicolarlo. Per ogni canale, è fondamentale declinare il messaggio in modo diverso con una caratteristica, però, che rimane comune: suscitare curiosità e voglia di saperne di più.

Questa costruzione comunicativa viene decisa dall’intero team che insieme pianifica e realizza un piano editoriale annuale (dove tener conto di appuntamenti ed eventi tradizionali), riunioni settimanali e un ulteriore piano editoriale a breve termine, con possibilità di modifiche anche dell’ultima ora. Ogni passaggio, dal post alla moderazione dei commenti, viene deciso insieme, con una modalità che permette ai singoli professionisti coinvolti di dare il proprio parere e la propria opinione.

La parola passa poi ad Anna Pegolo che si occupa in particolare dei social Instagram e Youtube. Quest’ultimo è un canale in riorganizzazione, mentre Instagram è un profilo social ritenuto indispensabile dall’azienda perché permette di raccontare (attraverso le bellissime immagini provenienti da tutto il mondo) la tecnologia e il lavoro di Eni, dando importanza anche alle persone. Tutte le foto vengono inviate dai colleghi che si trovano nelle varie sedi aziendali: inviare il team social a fotografarle richiederebbe un budget troppo alto. Ogni foto viene selezionata e poi usata per creare un “mini racconto”, anche attraverso le “Instagram Stories”. Il profilo Youtube è aperto da circa sette anni, ma al momento sta subendo una riorganizzazione dei contenuti. Anche in questo caso, i video arrivano da tutte le aree del mondo in cui l’azienda opera.

Viviana Esposti, Digital PR, racconta come ci si muova tra i diversi canali istituzionali e di business. Eni Station, per esempio, è la pagina che dà voce alle stazioni di servizio, ma anche la pagina aziendale è portavoce di iniziative ed eventi: è, per esempio, sponsor della nazionale di calcio così, oltre alla comunicazione più istituzionale, bisogna far fronte a quella più narrativa. In totale, le pagine Facebook dell’azienda sono tre: c’è la global (che comunica sia in inglese che in italiano) e altre due pagine di business retail. E in questo complesso lavoro di comunicazione, anche l’Amministratore delegato diventa narratore iniziando a utilizzare i profili social.

Andrea Andreoni, dell’ufficio stampa, si occupa di “ascoltare la rete” e decifrarne esigenze e opinioni. Comunicare è il mezzo fondamentale per dare un ritorno alle persone che seguono l’azienda, per questo bisogna stare attenti alle aspettative delle persone, anche offline. Per farlo, vengono attivate anche collaborazioni con realtà nuove e più giovani, in modo da ampliare il bacino di utenti. Il lavoro diventa più complesso nel caso di emergenze e problemi a cui bisogna rispondere tempestivamente. Qui la gestione diventa collettiva: Roberto Albini, dell’ ufficio stampa, si inserisce in questo contesto raccontando come viene affrontato un momento di crisi all’interno dell’azienda. Un esempio? Un eventuale danno a uno degli impianti, evento fortunatamente raro grazie alle tecnologia e all’esperienza di Eni. Per questi e altri imprevisti, che spesso capitano “di domenica”, devono esistere due punti di forza da tenere a mente: la perfetta conoscenza di ogni singolo contenuto aziendale (per es. regole e procedure) e gli strumenti che si hanno a disposizione per comunicare (quindi canali social, ufficio stampa ecc…). Tutto il processo deve essere immediato, così come lo sono i social networks. Per velocizzarlo, Eni ha suddiviso il proprio ufficio stampa per competenze. In casi come questi, la comunicazione deve essere uniforme, coerente, bilanciata e tempestiva, solo così si potrà far fronte alla crisi. Nei casi più gravi e urgenti, il team di crisi prevede anche la presenza dell’Amministratore delegato.

A questo punto, una domanda dal pubblico: “Che tipo di percorso formativo è necessario per fare questo lavoro?”. La risposta concorde è: “Variegato”. I membri del team, infatti, provengono da formazioni diverse: c’è chi ha studiato comunicazione, chi economia, chi letteratura. I nuovi media, dicono, possono essere studiati anche a posteriori e la diversificazione formativa aiuta a vedere processi e questioni con occhi diversi e con punti di vista differenti.

Il consiglio finale dato dal team è stato quello di “non farsi prendere dalle mode” e selezionare attentamente i canali idonei da utilizzare. Un esempio? Per quanto divertente e diffuso, Snapchat è un canale che non si addice al tipo di business aziendale e al pubblico di Eni, ecco perché utilizzare questo canale social sarebbe un errore. Si può provare e sperimentare, ma scegliendo poi la situazione più idonea. E gli obbiettivi di un team social quando possono dirsi raggiunti? Quando, analizzando l’intero processo comunicativo, si è riusciti a creare una community attenta e soddisfatta.