Quale futuro per le scuole di giornalismo?

IMG_1597_watermarkedPerugia, sabato 9 aprile – Perché le scuole di giornalismo insegnano ancora come se fossimo nel 1996? Questa è la domanda provocatoria con cui si è aperto il panel organizzato in collaborazione col master di Giornalismo Digitale della Media School di Amburgo. In un panorama in cui viene chiesto di interagire sempre di più con i lettori, saper gestire diverse piattaforme e soprattutto essere imprenditori di se stessi, in un mondo in cui la competizione è massima e i posti di lavoro scarseggiano, è necessario essere aggiornati e saper sfruttare ciò che le nuove tecnologie sanno offrirci. 

A presiedere il panel è la giornalista freelance tedesca Ulrike Langer, al suo fianco due esponenti dell’Università di Media di Amburgo: il professore di giornalismo digitale Stephan Weichert e la studentessa di Digital Journalism Svenja Lau

Maximiliane Koschyk, collaboratrice per la BBC e DW, sottolinea una parte virtuosa della sua esperienza formativa: “una delle cose migliori del programma Erasmus Mundus sono le connessioni che ti lascia” sostiene, ma riflette anche su quanto sia proficuo il programma tedesco di volontariat che le ha permesso di entrare nella redazione di Deutsch Welle dove ora lavora.

John Crowley, editor-in-chief dell’International Business Times e in passato digital editor al Wall Street Journal, rileva quanto sia importante insegnare alle nuove generazioni il lavoro del giornalista direttamente nelle newsroom; Koschyk aggiunge che spesso i direttori dei giornali e i giornalisti più anziani sono restii a imparare le nuove funzionalità offerte dalla tecnologia dalle nuove leve entrate in redazione. In questo senso viene citato il programma di tirocinio offerto dalla DW che ha l’obiettivo di mettere in contatto gli studenti universitari col mondo del lavoro nella prospettiva di fornire loro una serie di strumenti senza i quali il giornalista del presente non può sopravvivere: moderazione in tv, multimedia storytelling, data journalism, social media e virtual reality ne sono dei buoni esempi; “abbiamo persino un corso di recitazione che ci insegna come dovremmo comportarci di fronte ad una telecamera”, rivela.

Per Stephan Weichert è importante che gli stessi professori siano aggiornati sulle nuove tecnologie e che quindi lo scambio di informazioni sia reciproco tra studenti ed insegnanti. Oltre alla reciproca condivisione, Maximiliane Koschyk crede che sia importante avere flessibilità nell’organizzazione dei corsi universitari: “credo che sia indispensabile sottolineare quanto a volte si possa imparare velocemente, non servono settimane e settimane di focus su un singolo argomento. Dopo due giorni di full immersion credo che sia necessario iniziare subito con la pratica; ad esempio, credo sia una perdita di tempo avere un corso semestrale sulla strategia SEO: una volta acquisite le nozioni credo sia giusto poter sperimentare subito quanto appreso”. La sfida più grande per il mondo accademico quindi, oltre che essere aggiornati sull’innovazione e sulla ricerca, è quella di organizzare il tutto in nuovi corsi universitari che siano fruibili dal numero più alto di studenti che vogliono diventare giornalisti.

L’ultima parte del panel si sposta di più sugli atteggiamenti dei giornalisti, che dovrebbero pensare meno per se stessi e non lavorare soltanto autonomamente: l’obiettivo, condiviso da tutti i partecipanti, è quello di essere un buon teamer all’interno di una newsroom.

La risposta migliore è forse quella di favorire il fatto che vecchie e nuove generazioni di giornalisti possano lavorare affianco l’una dell’altra, lasciando da parte i personalismi legati alla sovraesposizione delle firme per guadagnare popolarità: “un atteggiamento che è molto diffuso in Germania così come negli Stati Uniti e che sinceramente non sopporto è quella della auto-rappresentazione di se stessi, sicuramente è necessario dare credits, ma questi non devono superare in termini di importanza i temi di cui si parla” sostiene Maximiliane Koschyk.

È davvero necessario avere una laurea per diventare giornalisti di successo oggi? Svenja Lau sostiene che sarebbe utile avere corsi universitari che siano in grado di combinare le caratteristiche proprie di una scuola di giornalismo con quelle di una business school; per Maximiliane Koschyk quello che conta è creare una rete di contatti che sia proficua per ottenere un giornalismo di qualità.