Trump, un russo alla Casa Bianca

Un russo alla Casa Bianca. È questo il leitmotiv che ha accompagnato la conversazione tra il giornalista russo Andrei Soldatov e il reporter di BBC Panorama, John Sweeney, già autore del documentario Trump: The Kremlin candidate?, l’inchiesta giornalistica che ha dato il nome all’evento di giovedì. L’incontro, infatti, è iniziato con la proiezione di alcune clip tratte proprio dal lavoro di Sweeney e con la domanda che da tempo stuzzica la curiosità di numerosi giornalisti e media: è possibile che il neo presidente degli Stati Uniti sia arrivato fin dentro lo Studio Ovale grazie all’amico Putin? I contatti tra i due sono costanti e la stima e l’apprezzamento reciproco sono ormai cosa nota, tanto che lo stesso Trump si è circondato di consiglieri e assistenti filorussi fin dalla sua elezione. La possibilità, quindi, tutta ancora da provare, è che il Cremlino sia riuscito a vincere la guerra fredda scegliendo a proprio piacimento il prossimo candidato alla presidenza statunitense e avendo di fatti in pugno l’America e l’intera mondo occidentale.

Il punto di partenza è l’ormai noto scandalo dalla Golden shower, il presunto dossier sulle perverse abitudini sessuali che Donald Trump mise in pratica durante uno dei suoi soggiorni in Russia, finito nelle mani della CNN e pubblicato per intero da Buzzfeed, a cui si aggiunge l’accusa di aver pagato pesanti tangenti alle autorità russe in vista di possibili affari.  Secondo quando riportato dal sito statunitense, infatti, i servizi segreti russi sarebbero in possesso di alcuni documenti che narrerebbero nel dettaglio la folle notte trascorsa dal presidente presso l’Hotel Ritz Carlton di Mosca in compagnia di prostitute e alcol. L’incontro sarebbe stato filmato dagli stessi servizi segreti russi mediante cimici e telecamere. Quella notte, la stessa in cui Trump avrebbe suggerito alle sue accompagnatrici di urinare sul letto in cui in passato dormirono i coniugi Obama, da sempre “nemici” di Putin, avrebbe suggellato quindi l’amicizia tra i due presidenti, o meglio ancora, avrebbe fornito al capo del Cremlino materiale scottante con il quale ricattare o tenere in pugno lo stesso Trump. In tal modo, l’attuale presidente degli Stati Uniti si sarebbe compromesso e consegnato al volere delle autorità russe.

Il quadro è semplice: un’America governata da un capo di Stato marionetta che prende ordini dalla Russia. La fine del rapporto tra mondo statunitense e mondo sovietico così come lo abbiamo sempre conosciuto e studiato. L’incontro ha quindi dato la possibilità ai due giornalisti di esaminare la vicenda e le possibilità offerte dai due diversi, focalizzando inoltre l’attenzione sulla relazione tra potere politico e settore dell’informazione nei due paesi. Se è vero che l’intero mondo giornalistico sta vivendo un momento di difficoltà, minacciato dalle accuse di depistaggio e diffamazione, è altrettanto vero che l’era Putin, iniziata nel 1999, ha visto ridursi in maniera drastica lo spazio di confronto e critica nei confronti della classe dirigente russa. Al di là dei numerosi giornalisti trovati morti negli ultimi anni, Sweeney e Soldatov (che ha ammesso di esser stato minacciato nel corso della sua carriera) hanno spesso citato durante l’incontro Anna Politosvakaja, la giornalista assassinata nell’androne del suo palazzo il 7 ottobre del 2006, autrice di inchieste e libri sulla corruzione del potere russo e sulla violazione dei diritti umani durante la seconda guerra cecena, e Natasha Estamirova, rapita e uccisa il 15 luglio del 2009. Anche lei, come la Politosvakaja, indagava su presunte violazioni dei diritti umani in Cecenia.

Dall’altra parte, invece, troviamo Donald Trump, che tra i cavalli di battaglia della campagna per la Casa Bianca ha avuto la contrapposizione alla stampa, quella stampa che sempre più spesso è accusata di diffondere notizie false e di minare la stabilità del paese. Proprio all’inizio dell’incontro John Sweeney ha mostrato una clip sul suo reportage per BBC Panorama, in cui Trump, infastidito dalle domande relative ai suoi rapporti diretti e indiretti con la Mafia, abbandona la postazione dell’intervista non permettendo allo stesso Sweeney di proseguire con il confronto.

La sensazione, al di là della reale possibilità che i rapporti tra Trump e Putin siano qualcosa di più di una semplice convergenza di interessi e quindi il risultato di una perfetta trappola russa, è che mondo politico e stampa siano appena entrate in un’epoca di guerra fredda che potrebbe vedere, per altro, Stati Uniti e Russia schierati sul medesimo fronte. Due nazioni che per storia e tradizione hanno sempre avuto con il mondo giornalistico un rapporto assai differente. Questa potrebbe essere un ulteriore prova a favore della tesi presentata da Sweeney nel suo documentario? Lo stesso reporter di BBC Panorama, a tal proposito, poco prima di rispondere alle domande del pubblico, ha dichiarato che “il potere e la necessità di questo tipo di giornalismo non è mai stata così fondamentale come oggi”. E ha continuato: “Supportare le storie che raccontiamo con i fatti, e sfidare i responsabili, non è qualcosa che va ignorato e buttato via. Questo è il modo per sostenere la democrazia”.

Un mondo nuovo che il giornalismo ha il dovere e l’onere di raccontare.