Alla ricerca di buone notizie

Foto: Roberto Baglivo
Foto: Roberto Baglivo

Perché le persone sembrano cercare sempre più “buone” notizie capaci di generare fiducia e spirito di emulazione? Il caso di un blog come Buone notizie, che in poco tempo è diventato il secondo più letto sul Corriere della Sera, sembra contrastare con il retaggio tradizionale del giornalismo italiano verso il pessimismo e le tragedie. Il buono dietro le notizie è stato proprio il tema centrale del panel sponsorizzato da Coca-Cola Italia che si è tenuto giovedì 1 maggio alle 16 nella sala Priori dell’Hotel Brufani. A discutere di buone notizie e storie sono stati Luca De Biase, giornalista de Il Sole 24 Ore, Remo Lucchi presidente onorario di Gfk Eurisko, uno dei più influenti centri di ricerca sociale sui mercati e sui consumatori, e Guido Romeo di Wired Italia. A moderare l’incontro è stata Elisabetta Andreis, giornalista del Corriere della Sera.

I dati raccolti dal centro Eurisko indicano che il 73% degli italiani pensa che il futuro sia preoccupante, un dato quasi raddoppiato rispetto a 10 anni fa. Tuttavia l’indice globale delle sensazioni del consumatore ha raggiunto negli ultimi 60 giorni in Italia il valore più alto da settembre 2009, influenzato notevolmente dal fattore Renzi. “La gente sta cambiando profondamente al di là della crisi economica, si stanno rivisitando gli stili di vita e sta andando in crisi la cultura dell’avere – ha dichiarato Remo Lucchi – le persone hanno iniziato a fare una diagnosi di ciò che è accaduto negli ultimi 20 anni. Si percepisce un maggiore senso critico dovuto soprattutto a una interesse della gente e all’affermazione di internet 2.0. Il livello di istruzione, che è già cresciuto a ritmi vertiginosi e promette di crescere ancora più rapidamente, ha portato grande voglia di partecipazione e apertura verso gli altri. Internet, invece, dal canto suo ha mutato la logica della verticalità in logica dell’orizzontalità”. Tutto questo come si traduce sul versante della ricerca dell’informazione? “I cittadini si sentono parte attiva, protagonisti all’interno di una democrazia partecipativa. Le persone hanno iniziato a mettere al centro se stesse, il proprio benessere e il proprio futuro. C’è una maggior voglia di vita e perciò di buone notizie che li incoraggino”.

Luca De Biase, autore nel 2007 del libro “L’economia della felicità”, ha sottolineato la non proporzionalità tra indice di felicità e PIL. “Ciò che ha davvero a che fare con la felicità non sono i beni monetari, cosa che gli economisti non riescono a spiegarsi. Le relazioni che hanno valore di felicità sono quelle che hanno alla base un progetto comune di condivisione. La gente ha bisogno di sentirsi parte attiva all’interno di un progetto più ampio, come nel caso di Wikipedia. Un giornale in sé non produce buone notizie singole, è un progetto editoriale più ampio. L’offerta informativa non influisce sulla felicità, è l’adozione e l’empatia che il pubblico instaura con la notizia che influisce. E’ tutto nelle mani del pubblico, non più del giornalista”.

Un esperimento originale sull’ottimismo delle persone è stato lanciato da Wired Italia. “Pur non avendo mezzi delle agenzie di sondaggi, abbiamo cercato di raccogliere dati per costruire una sorta di indice di speranza nel futuro tra la gente – ha commentato Guido Romeo – Attualmente il dato è al 57.3%, ma non escludo che salga nei prossimi mesi. Sicuramente c’è la voglia, soprattutto tra i giovani, di riappropriarsi del futuro. In questo e nella costruzione dei giornali del futuro sarà fondamentale il ruolo degli utenti, anche attraverso l’apporto dei social network”.

Michele Pasculli
@PasculliMichele