Combattere la disinformazione online e smascherare bugie virali

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(foto da Il Post)

Il mondo di internet (e non solo) alle prese con il nemico più acerrimo: la bufala. Sempre più numerosi i casi di notizie false diffuse in rete e poi riprese dalle grandi testate giornalistiche nazionali ed internazionali; sempre più semplice facilitarne la credibilità e la diffusione grazie all’innovazione tecnologica ed al contributo involontario dell’utenza. Contrastare la bugia virtuale diviene quindi un’ulteriore sfida per il mondo dell’informazione, identificando la nuova frontiera del “debunking”.

Ad aprire il dibattito “Combattere la disinformazione online e smascherare bugie virali” al Centro Servizi Alessi è stato Craig Silverman, fondatore e responsabile del blog di verifica delle notizie chiamato Regret the Error e creatore, oltre che direttore, di Emergent.info. Scegliere accuratamente le fonti, magari considerate dagli esperti affidabili, potrebbe essere secondo Silverman un primo passo verso la battaglia all’economia della bufala, alimentata da cinque attori che giocano un ruolo fondamentale nello spamming virtuale: la propaganda, l’artista della bugia, miriadi di siti falsi, ma anche propagatori involontariamente complici della diffusione della notizia falsa oltre ai giornalisti che, svolgendo superficialmente il proprio lavoro, non verificano dati e fonti dando credibilità a storie tutt’altro che veritiere.

Di propaganda ne sa qualcosa Margo Gontar, co-fondatrice insieme ad altri studenti della Mohyla School of Journalism e direttrice di StopFake, sito ucraino di fact checking e debunking  che già da un anno, nel confronto con i media russi in merito alla situazione politico-sociale dell’Ucraina, si impegna a smascherare numerosi fake fotografici e video. Combattere la disinformazione è una strada collaterale per arrivare alla verità, specie quando vi è una precisa strategia mediatica volta a storpiare la realtà: il primo passo verso la verifica di una notizia, secondo Gontar, è un approccio curioso nei suoi confronti : dubitare e andare oltre le parole per avviare un confronto, anche tramite quella enorme banca dati che costituisce la rete, un autentico pharmakos in questo senso, “sbugiardando le bugie”.

Nell’inarrestabile processo di diffusione delle bufale un grande ruolo giocano i social media, come sostenuto da Jack Werner, viral examinator co-fondatore di Viralgranskaren che ha rivolto particolare attenzione al mondo dei social network come strumento di veicolazione delle notizie in cui i singoli utenti diventano editori di se stessi. Quale il motivo per cui le bufale hanno tanto successo? Perchè sono sostanzialmente costruite ad “arte”: alla base di ogni storia falsa, balla colossale o leggenda metropolitana che sia, vi sono sempre personaggi e riferimenti culturali molto importanti per la comunità che quindi riescono a suscitare interesse e appetibilità della presunta notizia, il tutto corredato da una buona ed incalzante struttura narrativa. La ricerca dei clichè, delle immagini, dei nomi citati, del tempo e i luoghi del plot potrebbe essere un buon punto di partenza per la verifica dei contenuti, insieme chiaramente all’analisi della fonte in questione; nel processo dello smascheramento delle bugie virali un ruolo di grande importanza è rivestito dal pubblico dei lettori che contribuiscono alla conoscenza con il proprio bagaglio personale, in una sorta di giornalismo partecipativo.

Al panel è intervenuto anche Luca Sofri, direttore de “Il Post”, che ha individuato nelle testate giornalistiche grosse responsabilità nella diffusione delle bufale, fornendo una serie di esempi in cui grossi giornali nel Paese e nel resto del mondo riportavano in prima pagina fatti poi rivelatisi decisamente inattendibili. Non solo una scarsa verifica delle fonti, malsana abitudine ormai largamente diffusa tra una parte degli addetti ai lavori, ma anche un pizzico di celata complicità testimoniata dall’uso dei virgolettati artificiosi, poi non veri, che permettono ad un giornale di declinare ogni responsabilità, utilizzo di titoli sensazionalistici a parte.

Il debunking tuttavia è una valida possibilità al contrasto alla fenomenologia della menzogna, destinata a ridimensionare il ruolo del giornalista, figura che non può più limitarsi alla descrizione e divulgazione della notizia ma che deve farsi anche portavoce della verità, dedicando parte della propria attività allo smascheramento di tutto ciò che di vero non ha nulla (qui lo streaming dell’evento).