Dopo le ultime elezioni politiche il tema dei movimenti di protesta e della loro ascesa è sempre più caldo e di questo hanno discusso, alla Sala delle Colonne di Palazzo Graziani, Giovanna Cosenza, Stefano Feltri e Sofia Ventura.
In apertura la professoressa Cosenza ha cercato di trovare una radice comune tra i movimenti di protesta, partendo da un’analisi del Movimento No Global (definito movimento dei movimenti). Questo esprimeva istanze di contrarietà rispetto alle multinazionali e premeva per la tutela di alcune questioni ritenute fondamentali e che poi verranno richiamate, per esempio, dal Movimento 5Stelle (a partire dalle cinque stelle del loro simbolo che indicano la tutela dell’acqua pubblica, della mobilità sostenibile, dello sviluppo, della connettività e dell’ambiente). Sempre il M5S manterrà inoltre quella trasversalità propria dei Movimenti No Global, non ritenendosi “né di destra né di sinistra”, e per la quale verrà definito partito acchiappatutto.
Cosenza ha sottolineato come una delle critiche mosse più spesso ai movimenti di protesta sia la loro capacità di dire soltanto “no”, sapendo solo opporsi alle decisioni politiche senza essere in grado di avanzare proposte. Quello che la professoressa ha individuato di diverso nel Movimento 5 Stelle è che questo sarebbe anche in grado di costruire, oltre che dire no. Non ha potuto fare a meno di evidenziare però che anche l’essere ondivaghi – quindi il mutare spesso opinione – sia una caratteristica del M5S. Prendendo come spunto quest’unicità del Movimento e il nesso con il populismo, Cosenza ha chiesto “i populisti sono i Cinque Stelle?”
A questo risponde Ventura, la quale ha fatto notare come il Movimento No Global avesse la sua maggior presa tra le fasce giovanili ed istruite, mentre il populismo attuale attira molto di più la classe media, che in questa fase di trasformazione si trova ad aver paura di perdere il proprio status, soprattutto da un punto di vista economico. Ventura inoltre ha mostrato come ci sia stato un continuo scambio di preferenze, delle volte a vantaggio dell’uno delle volte a vantaggio dell’altro, tra M5S e Lega. Questi due partiti propongono infatti entrambi ricette basate sulla divisione “noi versus loro” (popolo versus classe politica sfruttratrice, o differenti dualismi). Ed è in merito ai loro programmi che Ventura ha sostenuto quindi che i due movimenti potrebbero definirsi populisti.
Un movimento comunque trasversale – che quindi non si riconosce né di destra né di sinistra – ma diverso per altri aspetti dal M5S è En Marche! dell’attuale presidente francese Emmanuel Macron. Questo ha cercato un modo nuovo per prendere le distanze dalla vecchia politica bypassando, per esempio, i corpi intermedi (come i sindacati) rivolgendosi alla gente in maniera diretta (c.d. direttismo). È però un movimento spiccatamente pro sistema che ha cercato una soluzione per distaccarsi dall’elitè politica che lo ha preceduto alla guida della Francia.
Il vicedirettore del Fatto Quotidiano Feltri ha contribuito con la sua tesi secondo la quale le forze populiste, una volta al Governo, o si adeguano alle istituzioni e alle relative forme oppure le mutano. Secondo lui il Movimento 5 Stelle ha inteso adattarsi e in questo ravvisa una svolta governista.
Il grande aumento in termini di voti del M5S sarebbe stato determinato, secondo il giornalista, dal provare a proporre una risposta a bisogni importanti dell’elettorato. Feltri ha sottolineato infatti come ci sia quasi una correlazione causale tra il voto al M5S e gli inattivi (cioè coloro che sono fuori dal mercato del lavoro), evidenziando però anche il problema che non sono presenti le necessarie risorse economiche per attuare le maggiori politiche proposte all’elettorato dalle due forze c.d. populiste, M5S e Lega. Inoltre la proposta di quest’ultima di “recuperare la sovranità” è difficilmente applicabile, perché – per esempio – la politica commerciale dei paesi europei è decisa a livello comunitario e non nazionale.
Analizzando il fenomeno del populismo da un punto di vista comunicativo, Cosenza ha messo in luce che il termine “populista”– concetto alla cui base c’è il convincimento che la gente abbia ragione e sia portatrice di istanze che vanno assolutamente prese in considerazione – è spesso usato con un’accezione offensiva quando, secondo lei, dovrebbe essere invece usato in maniera più neutra, descrittiva. La professoressa Cosenza ha puntato allora il dito verso tutte le forze politiche italiane, nessuna – secondo lei – esente dallo stile comunicativo populista. Feltri ha aggiunto che il Movimento 5 Stelle ha peggiorato la qualità dei talk show, pretendendo di non avere un confronto faccia a faccia con altri politici – com’era prassi nella dinamica bipolare – facendo invece confrontare un proprio esponente esclusivamente con un giornalista gradito al Movimento.
Secondo Ventura ciò che contrasterebbe il populismo è il costituzionalismo, nato nel Medioevo con i corpi intermedi che limitavano il potere del sovrano. Ventura ha proseguito dicendo che, quando la politica pretende di interpretare la volontà del popolo sovrano senza meccanismi costituzionali di rappresentanza allora la democrazia “è messa in pericolo”. Andrebbero quindi rivisti gli strumenti di comunicazione contemporanei che incoraggiano questa concezione della politica. In merito al costituzionalismo, il vicedirettore del Fatto è intervenuto dicendo che si stanno eliminando le garanzie costituzionali senza sostituirle con qualcos’altro, citando i referendum come strumento idealmente democratico ma che – a parer suo – “banalizzano questioni complicate riducendole a opzione binaria” e che, nonostante l’apparente coinvolgimento popolare, sono di solito decisioni top down, cioè da governante che vuole di fatto una legittimazione.
Intervenendo in conclusione, Feltri ha sottolineato come si stia affermando una concezione della politica in cui si desidera un decisore per tutti, mentre il nostro modello costituzionale e la nostra “faticosissima democrazia” è stata creata avendo come riferimento un modello consensuale.