Scrivere di esteri con nuove forme di comunicazione

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In un periodo storico in cui il giornalismo estero italiano soffre di un interesse sempre minore da parte dei giornali della carta stampata, è utile e opportuno riflettere su quali possano essere le alternative per ridare dignità al lavoro prezioso dei nostri giornalisti.

All’incontro Ebook e webstories: due nuovi canali per raccontare gli esteri, tenutosi in Sala Priori durante la nona edizione del Festival Internazionale del Giornalismo, ne hanno parlato Gabriele Barbati di Radio Popolare, Andrea Marinelli, Corriere della Sera, Anna Momigliano caporedattrice di Rivista Studio  e Antonio Talia, editor per la casa editrice digitale Informant.

Siamo in un periodo storico, dove si vive un problema di sostenibilità economica del settore, perché i quotidiani generalisti hanno sostanzialmente ridotto lo spazio riservato agli esteri – una pagina e mezzo – su un totale di quaranta pagine. In Italia la crisi degli esteri sarebbe quantificabile ma non è mai stata calcolata, è difficile piazzare un pezzo dove si parli di esteri, e molti giornalisti che hanno cominciato occupandosi di esteri hanno poi nel frattempo fatto altro. Altri che invece continuano a farlo hanno dovuto aumentare le loro conoscenze diventando, allo stesso tempo, videomaker, montatori, e fonici, come nel caso di Gabriele Barbati.

Esistono invece dei dati su quello che è successo all’estero. Secondo uno studio del 2010 di un think thank britannico che si chiama Media Standard Trust tra il 1979 e il 2009 lo spazio dedicato dai principali quotidiani britannici agli esteri è calato del 40%. Siamo di fronte a un cambiamento importante, l’interesse sugli esteri è oggettivamente calato; servono nuove strategie, l’industria ne risente, più il pubblico è meno interessato e meno i media investono. I giornalisti sono costretti a lavorare per pochi spiccioli, non hanno soldi per il biglietto aereo, vanno in onda molte volte durante la giornata, per poco più di un minuto, con pochissimo tempo per preparare gli articoli, fanno tanti servizi seriali a volte di bassa qualità.

Come trasformare questa crisi in opportunità? Ecco che la tecnologia può essere quella leva che viene in aiuto di tanti giornalisti che hanno tantissimo materiale a disposizione e che, a causa di tempi molto ridotti, non hanno mai avuto modo di condividere. Da qui l’idea di utilizzare gli ebook e le web stories.

Attraverso un ebook si possono fare mappe per vedere dove si incontrano i personaggi di una storia, inserire link multimediali a video fatti sul campo, magari con telecamere nascoste; video di bassa qualità, ma che creano suspense nel lettore. Un ebook fornisce la possibilità di andare dentro le storie, mantenendo una struttura narrativa classica ma contemporaneamente arricchendola di dettagli, tutto questo permette a chi legge di immergersi in un racconto “aumentato”, “completo” che fa crescere l’esperienza del lettore.

Andrea Marinelli spiega invece le webstories, raccontando il suo lavoro per il Corriere della Sera: “Sono racconti meno giornalistici e più blog, insieme di testo, arricchito da un servizio fotografico, da video, mappe, luoghi. È un modo totalizzante di raccontare la storia”.

Un’ultima riflessione, affrontata grazie alla provocazione di Anna Momigliano, è stata quella che forse avrebbe senso smettere di presentare esteri come esteri ma presentare fatti o analisi, reportage, ambientati all’estero incasellandoli nei temi a cui si riferiscono, ad esempio una storia di violenza sulle donne in India oppure un reportage sulla comunità gay di Mosca.