Vendere giornali nell’era del consumo digitale è ancora possibile? Quali opportunità di rinnovamento esistono per quotidiani e riviste? Nel corso del panel intitolato “Innovazione nella distribuzione di contenuti digitali: il caso italiano e due benchmark europei” si è cercato di rispondere a queste domande e di offrire soluzioni innovative all’ineluttabile declino della carta stampata.
Luca De Biase, giornalista de Il Sole 24 Ore e moderatore del panel, ha inaugurato la discussione – che ha visto coinvolti Alberto Fioravanti, CEO di Premium Store, la startup innovativa che ha ricevuto l’incarico di realizzare il chiosco online dal Consorzio Edicola Italiana, Alexander Klöpping fondatore Blendle, Nathaniel Philippe co-fondatore di LeKiosk – presentando i tre modelli di edicola digitale di cui gli speaker sono fondatori, come possibili alternative ai modelli tradizionali di business dei giornali italiani.
“La pubblicità non è più il modo di finanziare il giornalismo” ha detto De Biase in prima battuta e ha poi aggiunto: “Basta, dobbiamo cambiare il modo in cui facciamo giornalismo: dobbiamo abbassare i costi, dobbiamo affermare la metodologia che il giornalismo ha inventato”, specificando che giornalismo e comunicazione sono due cose diverse.
LeKiosk, startup editoriale francese, è stata fondata nel 2007. Attualmente ha 75.000 abbonamenti, 130.000 clienti attivi al mese, più di 700.000 registrazioni, 2,5 milioni di download dall’inizio dell’attività. Si tratta di una piattaforma che offre la possibilità di sfogliare diverse testate giornalistiche e riviste online, nazionali e internazionali. Una delle specificità di questa tipologia di edicola digitale, consiste nella possibilità di fare abbonamenti singoli tramite i quali si può accedere a cinque, dieci, venti riviste a prezzi differenziati.
“È in un certo senso simile a Netflix o Spotify per i film e la musica, a eccezione del fatto che non è totalmente illimitato, ci sono delle credenziali e un abbonamento che viene rinnovato automaticamente ogni mese” ha spiegato Philippe. Quando LeKiosk ha iniziato la sua attività, i tablet non esistevano ancora ma la lungimiranza degli ideatori di questa piattaforma ha permesso loro di prevdere che ci sarebbe stata una transizione dalla stampa al web. L’iPad, lanciato nel 2011, è diventato poi un acceleratore per il business della startup, e il suo business model è stato nuovamente ridefinito.
Nel passare la parola a Klöpping, per l’esposizione del caso Blendle, De Biase sottolinea che, sebbene cambino situazioni, modelli o paesi, l’unica cosa costante è che l’editoria sta perdendo ricavi e ha una grande possibilità di crescere: la distribuzione digitale.
Blendle, startup olandese di grande successo a livello nazionale, è un modello di distribuzione digitale mai sperimentato prima. La sua peculiarità, nata dalla riflessione su un forte calo degli abbonamenti a quotidiani e riviste, è quella di offrire l’opportunità di trovare sul sito tutti i titoli dei giornali del paese – sebbene il suo fondatore stia puntando anche alle grandi testate americane – e pagare solo per gli articoli che gli utenti decidono di leggere. “La prossima settimana sarà un anno che esistiamo” dice Klöpping. Il successo di questa piattaforma è garantito anche da alcune trovate, quali l’elargizione di quote gratuite per l’acquisto di articoli o giornali o la possibilità di ottenere un rimborso se l’articolo non è piaciuto. In questo caso, però, l’utente dovrà fornire una spiegazione sulle motivazioni dell’eventuale rimborso. “Stavo pensando di aggiungere una foto del giornalista con un bambino tra le mani che chiede: Vuoi davvero, davvero i tuo soldi indietro?” scherza Klöpping.
Fortunatamente, allo stato attuale, la percentuale dei rimborsi è ancora bassa, il 5% delle utenze, secondo le statistiche spiegate dallo startupper.
Subito dopo il testimone passa a Fioravanti, che illustra il caso di Edicola Italiana, la piattaforma di distribuzione online di contenuti editoriali, nata nel 2013 per iniziativa di un consorzio creato ad hoc e formato da Caltagirone Editore, Gruppo 24 ORE, La Stampa – ITEDI, Gruppo Editoriale L’Espresso, Gruppo Mondadori e RCS MediaGroup.
L’idea fondante di questa startup innovativa tutta italiana era quella di andare dagli editori e proporre loro una possibilità per il futuro: cooperare, utilizzando un approccio sistemico. Più specificatamente, creare insieme una piattaforma in cui convalidare nuovi modelli di business in grado di connettersi con i co-marketing partner.
“Già 20 nuovi editori hanno dichiarato interesse a far parte di questa piattaforma” ha affermato Fioravanti, per poi aggiungere: “Abbiamo iniziato il 21 gennaio”.
“Per lanciare questa piattaforma abbiamo organizzato qualcosa come la più una grande campagna pubblicitaria nel mercato digitale in Italia. Il che significa che quel giorno tutti i giornali hanno aggiunto una pagina riguardante Edicola Italiana. Volevamo dare l’idea che qualcosa stesse cambiando nell’arena editoriale” ha continuato.
Il dialogo con gli editori caratterizza questa piattaforma innovativa, il cui funzionamento è garantito in gran parte dalla profilazione degli utenti e dalla condivisione dei dati di questi ultimi fra operatori e giornali con gli editori.
Molti altri sono stati i temi trattati nel corso del panel: l’adattamento di un determinato business model – come quello di LeKiosk – alle specificità territoriali dei diversi paesi in cui opera, l’identità del giornale – in termini di contenuti ma anche di riconoscibilità formale e grafica – l’autorevolezza del brand, l’interdipendenza tra giornalisti, progettisti e sviluppatori che ormai è garanzia di successo per queste nuove piattaforme editoriali.
Come possono i giornalisti adattarsi al grande cambiamento che stanno subendo i giornali e cosa possono imparare dall’esperienza innovativa di queste tre startup?
“Noi possiamo ottenere dati sulla performance di un giornale o una rivista, in realtà, e così si può vedere che a volte gli articoli nell’ultima pagina hanno più visite di quelli in prima pagina e si può chiedere cosa i giornalisti imparino da questo. Ci sono molti giornalisti che non sembrano interessati alle performance del loro articolo, neanche sul web” ha affermato Klöpping. “Se ti interessa quante persone ti leggono, possiamo darti una mano con ogni tipo di dati” ha poi assicurato.
“Quello che è impressionante – ha detto De Biase a proposito del coinvolgimento dei lettori – è il tempo che le persone dedicano al sito [de Il Sole 24 Ore, N.d.R], regalando quanto hanno di più prezioso nella vita”. Ha poi parlato di alcuni dati relativi alla media di navigazione su un sito giornalistico a livello mondiale – 70 secondi – e sul tempo dedicato alla lettura di un giornale cartaceo – 25 minuti. De Biase ha trovato interessante scoprire che quando il suo giornale ha creato la nuova app – La Vita Nova – con nuovi contenuti, il tempo dedicato dall’utenza alla lettura dei suoi contenuti era di 15 minuti, un tempo prezioso, un buon risultato.
“Il coinvolgimento delle persone è cruciale. Ogni mese, ogni settimana, noi usiamo qualcosa come sei, sette applicazioni: Facebook, Twitter… Facebook al momento è l’applicazione più popolare per informarsi” ha poi affermato Philippe.
L’ultima parola è andata a Fioravanti, che ha spiegato: “La nostra idea era: cosa possiamo offrire a editori e giornalisti? Quindi abbiamo chiesto agli editori se potevano darci dati sui loro clienti digitali e purtroppo abbiamo scoperto che queste informazioni non erano nelle mani degli editori. Quindi abbiamo pensato che sapere chi sono i loro utenti, che interessi hanno, fosse fondamentale ma non solo per gli editori”. Quindi hanno cominciato a parlare anche con i giornalisti, per sapere cosa ne pensassero del prodotto, perché era importante avere un feedback su ciò che fosse necessario.
“Noi stiamo iniziando un’onda di innovazione e questi esempi ci hanno dimostrato che qualcosa come questo può essere fatto. Lamentarsi solo di Google e Facebook, sebbene Google sia sotto inchiesta per le pratiche antitrust, è importante ma non così importante per gli europei finché non troviamo un’alternativa e idee verticali, startup, etc… Questi sono esempi di qualcosa di cui abbiamo davvero bisogno” ha concluso De Biase.