Attualità, politica, elezioni europee ed impegno verso i giovani sono i punti focali dell’intervento di Enrico Mentana al Festival Internazionale del Giornalismo 2019, sabato 6 aprile al Teatro Morlacchi di Perugia. A moderare Dino Amenduni, dell’agenzia di comunicazione Proforma.
Amenduni parte dalle parole che padre Alex Zanotelli ha pronunciato proprio nei giorni del Festival, mettendole in relazione ai recenti fatti di Torre Maura a Roma: “Sono sicuro che i nostri nipoti diranno di noi le stesse cose che noi oggi diciamo dei nazisti; con un’aggravante per noi: oggi lo sappiamo, anzi cerchiamo di negarlo, meno li vediamo meno ci disturbano.” Mentana commenta: “Sono frasi che servono alla polemica, però uno potrebbe dire che i nipoti di quelli che hanno combattuto il fascismo evidentemente oggi la pensano diversamente. La ciclicità della storia non permette di usare anatemi, permette invece valutazioni che devono essere più razionali”. Di fronte ad episodi di intolleranza e odio, le condanne servono poco. L’atteggiamento da adottare è quello critico, nel vero senso del termine: è necessario domandarsi il perché delle cose. “Chi fa il giornalista – precisa Mentana – deve porsi questa domanda: ma quando e perché è successo tutto questo, perché una cosa che era ovvia fino a dieci anni fa, cioè l’accoglienza, siamo tutti uguali, tutto quanto viene rimesso in discussione?” Oggi c’è una grande fetta di italiani che propende proprio verso il rancore e la diffidenza e bisogna capirne il motivo. Per quanto riguarda le elezioni politiche del 2018, Mentana precisa che la vittoria del Movimento 5 stelle al sud non può essere trattata semplicemente come l’esito di un massiccio voto di protesta: “Non si può pensare che fosse solo uno sfogo del momento, come quelli che in campo si arrabbiano e poi dopo un minuto vanno a chiedere scusa all’arbitro”. Anzi, “questo – continua Mentana – sgombera il campo su tanta predicazione sociologica sul voto di scambio al sud”. Stiamo parlando di elettori che si sono espressi, dando quello che Mentana definisce “il voto di opinione, che può essere giusto o sbagliato, più forte della storia italiana”. Un evento, questo, che nessuna forza politica deve dimenticare.
L’analisi della situazione italiana si sposta poi sul ruolo del Pd. Mentana ritiene che “il problema italiano è che solo chi gli vuole tanto bene può pensare che il Pd di Zingaretti possa essere l’alternativa a tutto questo. È evidente che c’è una disparità di forze in campo in questo momento, ma soprattutto disparità di idee”. Guardando al governo che è stato il risultato delle elezioni del 2013, è chiaro come il Pd non abbia saputo coltivare nel tempo il consenso del paese. Ecco perché “oggi il Pd non può essere oggi, ai miei occhi, il rimedio, la cura, il medico, perché è stato la malattia. Perché quel partito non ha più argomenti per contrastare il nuovo”. La posizione del direttore del TgLa7 in merito al voto è ben nota a tutti. Mentana non vota da tempo e ha dichiarato che proseguirà la sua astensione con le prossime europee. Questo per un fattore di coerenza, per difendere la sua posizione di imparzialità come giornalista. Usando una metafora: è come se un cronista sportivo arrivasse allo stadio indossando i colori della squadra del cuore, sarebbe difficile credergli. “Quello che faccio – spiega Mentana – mi permette più facilmente di capire meglio i vari punti di vista”. Amenduni fa poi riferimento alle posizioni uscite dal Congresso delle Famiglie di Verona, definito da alcuni come un tentativo di attacco ai diritti delle donne e più in generale ai diritti civili. Mentana si dichiara per nulla timoroso a riguardo: Salvini “sa benissimo che le leggi civili (quelle sul divorzio, sull’unione civile o il testamento biologico) non le toccherà mai nessuno, ma l’appartenenza serve, il dire ‘fate polo su di me’ fa prendere i voti”. “Non ho paura, il mondo non va all’indietro, chi cresce non ridiventa piccolo. I diritti sono intoccabili perché riguardano la maggioranza delle persone”.
Questa edizione del Festival di Perugia per Enrico Mentana è la prima che lo vede in veste di editore. Da dicembre, infatti, è online Open, la testata giornalistica da lui fondata. Il progetto ha fatto parlare molto di sé nel mondo della comunicazione e soprattutto tra gli aspiranti giornalisti che hanno inviato migliaia di curricula per entrare nella sua redazione. L’interesse è più che giustificato: si tratta di un progetto unico tra i media italiani, un giornale per i giovani fatto dai giovani. Quello di Mentana è un investimento per il futuro della categoria professionale a cui appartiene: “i giovani sono stati fottuti da questa società, ma soprattutto da questa classe giornalistica, il giornalismo ha pensato solo alla lauta sopravvivenza di chi c’era già dentro a scapito di chi doveva entrare. Questo ha fatto sì che i giornali sono diventati vecchi”. Sulle critiche che stanno accompagnando i primi mesi di lavoro della testata, Mentana precisa che la redazione è formata da giovani che hanno iniziato il loro percorso in questo mondo proprio con la nascita di Open. “Leggo critiche come se fosse il NY Times!”, “quando fai una cosa per dei giovani sei sempre solo, ma da un minuto dopo hai tanti critici, tanti giudici, tanti maestri, voi, cosa avete fatto?”
Enrico Mentana in conclusione chiede di accendere le luci in platea, per guardare in faccia il suo pubblico e rivolgersi ai tanti giovani presenti. “Tutti i giovani sappiano che c’è un forte cambiamento in molte cose, ad esempio l’orientamento sessuale. Io vi chiedo: avete mai letto qualcosa in merito al gender fluid su un giornale tradizionale?” Ci sono argomenti che non vengono trattati, perché riguardano i giovani: ma questo significa che i giornali non vengono fatti per essere letti dai giovani. Open si inserisce proprio in questa falla del sistema, per aprire il mercato del lavoro e dell’informazione anche a questa fetta della popolazione.