Nella terza giornata del Festival internazionale del Giornalismo di Perugia, nella cornice di Sala Brugnoli all’interno di Palazzo Cesaroni, si è tenuta la presentazione del libro edito nel 2018 Digital dominance. The power of Google, Amazon, Facebook and Apple , che ha dato il titolo all’incontro. I protagonisti sono stati gli autori Martin Moore, direttore del Centre for the Study of Media, Communication and Power al King’s College dell’Università di Londra e Damian Tambini, Professore Associato al Dipartmento Media e Comunicazione della London School of Economics, nonché presidente del comitato di ricerca e direttore inaugurale del Media Policy Project. L’incontro è stato moderato da Elizabeth Hansen, ricercatrice allo Shorenstein Center for Media, Politics, and Public Policy dell’Harvard Kennedy School e (ricercatrice associata) al Tow Center for Digital Journalism presso la Columbia University.
“La concorrenza può essere un vincolo”
“Quello che voglio dire è che dobbiamo smettere di parlare del fatto che il giornalismo debba essere salvato e, andando ancora oltre, vorrei dire che il mondo non ha bisogno del giornalismo” . È stata una provocazione quella che Damian Tambini ha lanciato ai presenti, rassicurando sul significato della metafora utilizzata: “Il giornalismo dirà che il mondo ha bisogno di lui, ma nel lungo periodo dobbiamo affrontare i grandi cambiamenti tecnologici che stiamo attraversando: dobbiamo renderci conto che non abbiamo bisogno del giornalismo, ma abbiamo bisogno di riflessioni, spazi di dibattito, filtri per la verità e di fiducia nell’informazione”. Il cambiamento deve partire proprio dal nostro settore: “È tempo che il mondo del giornalismo esca dalla sua posizione difensiva e dagli attacchi a somma zero sulle piattaforme. Penso che sia necessario un dibattito più produttivo a lungo termine sul tipo di sistema d’informazione di cui le democrazie hanno bisogno”. Tanti gli spunti di riflessioni emersi, soprattutto perché il libro vuole arrivare al cuore della discussione e stimolare nuove prospettive di approfondimento, evitando che le mancanze sulla regolamentazione possano influire sul predominio delle piattaforme digitali. In questo scenario, la concorrenza svolge un ruolo centrale: “Credo sia obbligatorio avere un dibattito che sia meno nell’interesse di un settore, ad esempio il giornalismo, e più inerente alla democrazia”.
La dominazione digitale è davvero un problema?
“Pensiamo che la dominazione digitale non sia buona per il giornalismo, ma se si pensa da una prospettiva più ampia, in particolare da quella dei cittadini, negli ultimi due decenni i cittadini hanno guadagnato moltissimo dalla dominazione delle piattaforme”. Non ci sono dubbi nemmeno per Martin Moore nel superare la concezione che la dominazione digitale sia solo negativa: al contrario, “queste piattaforme hanno portato alcuni grandi benefici, in particolare ai consumatori e ai cittadini. Se dobbiamo risolvere come rapportarci al meglio con la dominanza, dobbiamo interrogarci su quali siano i problemi”.
Esiste una soluzione per limitare la dominanza digitale?
L’incontro ha offerto anche una soluzione per contenere il fenomeno della dominanza digitale: “C’è uno squilibrio e le piattaforme sono in una posizione di predominio”, ha affermato Damian Tambini, prospettando come soluzione “un codice trasparente di condotta che dovrebbe regolare e fissare principi di equità”. Lo scenario di distribuzione crea così un ecosistema digitale eterogeneo dove, tra gli spunti proposti, c’è anche la necessità di implementare gli strumenti a disposizione o migliorare quelli già esistenti, ponendosi obiettivi anche per il futuro: “Quello che sto proponendo è di sviluppare una visione più a lungo termine su dove vogliamo andare e che fare quando le regole di comportamento hanno fallito”.