
Per il terzo anno consecutivo i precari dell’informazione si sono incontrati all’International Journalism Festival di Perugia. Il giorno scelto è quello giusto: primo maggio, festa dei lavoratori e del lavoro. Che non c’è, direbbe qualcuno. O meglio, che c’è, ma in tanti, troppi casi, senza diritti. Nel giornalismo, non meno che in altri settori. Ecco che allora al Festival non si parla solo di innovazione, futuro e opportunità nella professione giornalistica, ma anche di precariato, lavoro senza garanzie, difficoltà di accedere alla professione.
Abbiamo fatto il punto della questione con Ciro Pellegrino, cronista napoletano, responsabile del Coordinamento giornalisti precari della Campania, uno dei tanti gruppi nati in Italia negli ultimi anni per difendere i diritti di lavoratori precari, atipici e freelance (c’è anche quello dei veneti, che hanno scelto di chiamarsi Refusi). A lui abbiamo chiesto quanto sia stato fatto e quanto ci sia ancora da fare in materia di precariato. «C’è più consapevolezza su queste tematiche – afferma Pellegrino – ma bisogna rendere attuabili gli strumenti che sono stati creati. Penso alla legge sull’equo compenso, approvata quasi un anno e mezzo fa ma ancora senza regolamento di attuazione».
Il Festival è l’occasione per lanciare un appello al sottosegretario all’editoria Luca Lotti, perché «convochi un incontro a Palazzo Chigi per decidere il futuro della legge sull’equo compenso». Appello a cui Lotti ha risposto via Twitter, fissando un confronto per il prossimo 14 maggio. È la prova che farsi sentire serve, sempre e comunque. Così come riunirsi in coordinamenti, perché – sostiene ancora Ciro Pellegrino – «il sindacato è uno strumento oramai vecchio, che non consente ai lavoratori precari e atipici di contrattare la propria posizione lavorativa».
L’invito, rivolto in particolare ai giovani volontari e giornalisti del Festival, è quindi quello di non abbassare la testa e non aspettare che altri rivendichino i diritti della professione, limitandosi alle lamentele. «Come scrive Primo Levi in una celebre poesia – conclude il giornalista – “se non io per me, chi sarà per me?”».
Silvia Aurino, @SilviaAurino