Nel corso della seconda giornata del Festival Internazionale del Giornalismo 2015 di Perugia si è tenuta, presso la Sala Raffaello dell’Hotel Brufani, l’evento “Google-Editori: un’alleanza possibile?“, sul rapporto tra Google e gli editori. Due realtà legate da un rapporto spesso ambivalente, in cui la percezione della società di Mountain View oscilla tra il nemico che sfrutta i contenuti degli altri – si pensi ai vari tentativi in Europa di introdurre una “Google tax” – e l’alleato necessario per l’indicizzazione nei risultati del motore di ricerca. Quello che si è cercato di capire nel corso dell’evento è stato se un’alleanza tra Editori e Google sia possibile o meno e, nel caso, come potrebbe svilupparsi.
Marco Pratellesi, capo redattore responsabile del sito dell’Espresso, inizia l’analisi di questa convivenza considerando come gli editori hanno cambiato il loro modo di lavorare nel corso degli anni. Rispetto a qualche anno fa, quando controllavano i contenuti dalla produzione alla distribuzione, oggi questo non avviene. La distribuzione dei contenuti oggi avviene tramite piattaforme che gli editori non riescono a controllare. La fruizione di articoli, video e foto da parte degli utenti viene loro offerta da piattaforme come Google, Facebook, Twitter, al di fuori del contesto editoriale, che ha portato alla diminuzione del traffico diretto verso i siti d’informazione. I lettori oggi ragionano secondo la dinamica del “Se tu editore non mi dai le notizie io vado a cercarle da solo da altre parti”. Partendo da questo presupposto e considerando che oggigiorno l’informazione è sempre più digitale, gli editori si sono posti il problema se sia utile continuare a produrre un’informazione di qualità senza passare da un’alleanza con Google. Sempre per Pratellesi, la vera battaglia non è tra Google ed editori bensì tra Facebook e la società di Mountain View: “La forza di Google, Facebook e Twitter è la loro conoscenza degli utenti.” “Google, che ha sempre avuto un ruolo da colosso –ha continuato Pratellesi– ora ha un valido competitor, e da questo nuovo antagonismo gli editori hanno tutto da imparare, visto che fanno fatica ad avere un rapporto diretto con i lettori rispetto alla facile fidelizzazione che invece Google e i social media instaurano con gli utenti“, facendo un chiaro riferimento all’uso incondizionato delle piattaforme di microblogging da parte dei lettori e degli utenti in generale.
“Più che di alleanza è bene parlare di possibili collaborazioni tra editori e nuove piattaforme di distribuzione” sottolinea Mario Calabresi, direttore del quotidiano La Stampa, tra i relatori dell’evento. “C’è stata l’evoluzione digitale da parte dei quotidiani ma sono rimasti sempre dentro il proprio mondo, fatto di siti mobile, app, pagine ed account sui social. Le versioni online dei quotidiani non possono vivere limitandosi al solo lancio di link dei propri articoli”. Per le redazioni, ha continuato Calabresi, “c’è la necessità che escano dal proprio box andando a lanciare i link in nuovi mondi, andando a cercare quei lettori che non vengono nel mio castello. I contenuti devono andare fuori: basta pensare ad una cannibbalizzazione. Chi non va sul sito non ci verrà mai.”
Matthew Ingram, giornalista per Fortune Magazine, si focalizza invece sul ruolo che i social network stanno rivestendo come piattaforme di distribuzione, sopratutto per l’informazione mobile . Inoltre, dal suo punto di vista è necessario che gli editori capiscano bene come vogliano affrontare Google per fare degli investimenti azzeccati, perché se i lettori non restano sul sito dopo aver aperto dei link, il problema non è Google, ma della qualità della testata. Madhav Chinappa, Head of news partnerships di Google, ha mostrato preoccupazione per l’ecosistema delle notizie, perché ne condivide molti valori. Non ha potuto fare a meno di ammettere che anche in Google si è parlato del rapporto con Facebook, perché anche il celebre motore di ricerca sta diventando meno rilevante al suo confronto.
Juan Luis Manfredi Sánchez, insegnante di Comunicazione Politica e Politiche dei Media all’Università di Castiglia-La Mancia, si è soffermato sul rapporto ambiguo che c’è tra editori e Google, prendendo come esempio il caso spagnolo, dove gran parte degli editori ha chiesto la chiusura di GoogleNews, vedendolo come ladro di contenuti. Probabilmente in Spagna GoogleNews è stato frainteso, perché chiudendolo non si farebbe altro che danneggiare utenti e mezzi – riallacciandosi a una frase dell’intervento di Chinappa.
Il dibattito è stato utile per mettere in chiaro alcuni concetti e lanciare possibili proposte su come possano muoversi i publisher nella loro competizione alle piattaforme di distribuzione. Gli articoli dei quotidiani online devono portarsi dietro un modello di business che gli permetta di sostenere un’informazione di qualità anche al di fuori del rispettivo sito web e una serie di dati sugli utenti,che Google, Facebook e Twitter conoscono già perché c’è un’interattività con loro. Come ha sottolineato Mario Calabresi in chiusura di panel, c’è bisogno di raggiungere direttamente il lettore mordi e fuggi che non è necessario si fermi direttamente sul sito del quotidiano,visto che non lo ha fatto mai e non c’è motivo perché cominci a farlo da un momento all’altro. “Anziché arrabbiarsi con Google, discutiamo un algoritmo che premi contenuti di qualità, secondo dei criteri da discutere da ambo le parti.”