Non è facile insegnare come trovare velocemente storie originali da portare durante una riunione di redazione. Questo è quello che Karel van den Berg, giornalista freelance e conduttore televisivo olandese, ha cercato di fare col suo workshop tenutosi nella Sala Perugino dell’Hotel Brufani alle ore 18 della prima giornata del Festival Internazionale di Giornalismo.
Ancora più impegnativo è scrivere su questo incontro provando ad applicare gli insegnamenti ricevuti e quindi cercare di farlo in maniera creativa senza cadere nella solita trappola della mera descrizione di quanto è stato detto.
Si parla dunque di giornalismo creativo (o di creatività giornalistica?) e la prima cosa da fare è definire i due termini.
Giornalismo non è solo raccogliere e riportare notizie (il grassetto è voluto), ma darne un valore scegliendo cosa è importante e cosa no; qui entra in gioco la creatività che non è solo usare l’immaginazione ma uscire fuori dagli schemi quali la logica, l’esperienza e/o il pregiudizio. Non a caso, il giornalismo è uno dei mestieri più creativi del mondo (chi riesce a definire di cosa si occupa un giornalista? Può parlare della povertà in Africa o dei capelli bianchi di Obama con la stessa facilità con cui si cambiano i calzini ogni giorno).
Karel van den Berg dice che per fare tutto ciò bisogna avere delle idee. Le idee nascono dalle domande le quali provengono dalle risposte: “Intellectuals turn answers in two questions”.
È necessaira osservaizone e percezoine (il nostro cervello automaticamente corregge queste parole sgrammaticate in modo da poterle riconoscerle e associarle a un significato).
Bisogna fare domande anche sbagliate e ambiziose, in modo da tener conto di tutte le opzioni possibili, come nella clip di esempio:
Bisogna posporre il giudizio razionale (la sfida più ardua nel combinare il giornalismo dei fatti alla creatività). Infine, scegliere le idee migliori.
C’è un piccolo trick che Van Den Berg dice di adottare ogni volta per mettersi alla prova: trovare idee brillanti in 5 minuti. Di solito ne arrivano già al primo, ma mai accontentarsi; e se non vengono, non è un problema. E non bisogna limitarsi alle classiche 5 W (who,what,when,where,why) e how, ma provare anche con le parole else, too o not.
Ad esempio: chi altro c’era al workshop? Giornalisti, fotografi, volontari, membri dello staff del festival, semplici curiosi, studenti, ecc.
Chi non c’era? Chi era interessato a qualche altro incontro: mio padre, mia madre…
In questo modo è possibile esplorare tutte le varianti di una notizia e ricavarne altre storie rilevanti da sapere e raccontare. Il rischio, però, è sforare nella paranoia cospirazionista: durante il workshop, Van Den Berg ha chiesto ai presenti di rispondere alle 5 W “maggiorate” utilizzando come esempio il RubyGate di Berlusconi. Chi altri era coinvolto? Cos’altro è successo? Potrebbe essere tutto un complotto della sinistra? Gli ufo esistono? JFK è stato davvero ucciso da Jack Ruby? Ma soprattutto: Paul McCartney è morto o no?
Non bisogna aver paura di fare domande, insomma. Magari cercare anche di non volare troppo con la fantasia, focalizzare sempre sulla storia da cui si parte. D’altronde per essere originali si deve tornare alle origini.
Per concludere, van den Berg ha consigliato di partire alla ricerca di idee prima individualmente e poi di coinvolgere il team o la redazione con cui si lavora. E quando dopo mille tentativi e ricerche, avrete scelto la vostra idea datele un nome. Perché chiamarla significa renderla più reale e quindi concretizzarla.
N.B. Questo articolo, come avrete intuito, è stato scritto con l’intento di applicare i principi spiegati da Karel van den Berg.
Alessia Melchiorre
You r on the right track Alé BdZ…very well written article and innovative thoughts!!! Luv u lots…auntie PRU