Il caso di Barcroft Media: perché YouTube rivoluziona il concetto di audience

Foto: Vincenzo Bevino
Foto: Vincenzo Bevino

Come diventare uno dei più grandi fornitori di news al mondo su YouTube? Chiedetelo a Sam Barcroft, fondatore e CEO della omonima compagnia, al quinto posto mondiale come canale di news e al settimo come visualizzazioni totali, tra Shakira e Beyonce. Una storia che dimostra, se ancora fosse necessario, come il meccanismo delle audience nel mondo del web 2.0 sia completamente incompatibile con quello a cui ci avevano abituato i vecchi media, carta stampata e televisione.

“Dobbiamo capire la portata della rivoluzione: lavoro tra Stati Uniti, India e Regno Unito e dico senza nessun problema come il giornale di carta sia ormai considerato ovunque la ‘matusalemme’ dell’informazione. Cosa intendo? È un mondo vecchio, glorioso certo, ma i quali confini di sviluppo sono già stati completamente esplorati, – mentre parla Barcroft mostra una classifica – vedete il canale YouTube della CNN o della BBC tra i primi 10 posti?”

Anno 2001: in una piccola stanza di un business center di Los Angeles Barcroft fonda la sua azienda di comunicazione, la Barcroft media. In un primo momento l’agenzia crea reportage fotografici per la carta stampata. Vengono pubblicati da giornali di successo, ma il prodotto non gratifica in alcun modo gli addetti ai lavori.

“Volevamo distinguerci, portare qualcosa di nuovo. Quello che devono fare tutti i freelance di oggi: essere innovativi è l’unico modo per emergere “. Così nel 2003 l’agenzia apre un canale YouTube e inizia a produrre piccoli video per il web, quando ancora il mondo del web non aveva dispiegato tutto il suo potenziale informativo. Ed è questa esperienza maturata negli anni che risulta decisiva: “Ora lavorano a tempo pieno per la compagnia 20 giornalisti, più centinaia di collaboratori sparsi per il mondo. Ma attenzione: non si tratta di timbrare cartellini o fare odiosi copia incolla da un’agenzia. I miei dipendenti vanno alla ricerca di storie, seguendo il flusso d’idee e le passioni che li caratterizza. Ecco: io chiedo a loro di raccontarle. Per questo sono disposto a fornire qualsiasi supporto tecnico ed economico pur d’assecondarli. Nel web 2.0 sono le grandi narrazioni ad avere successo: questo vale anche per il giornalismo”.

L’approccio di Sam è totalmente innovativo e i suoi occhi trasmettono una fiducia immediata mentre si permette di dire cose per nulla scontate: “Bisogna suscitare emozioni. Non si tratta più di stampare 600 copie e distribuirle a gente a caso in giro per il mondo. Abbiamo i social network e degli amici dei quali conosciamo gli interessi: il resto lo farà l’effetto virale”. Ora hanno un ufficio a Londra, uno a Nuova Deli e uno a Los Angeles. In tutti è tre i centri è presente una squadra di live edit: “Il loro compito? fare editing e montaggio”. Non solo, assume particolari persone che si occupano di conoscere il pubblico, leggere i feedback, stimolare conversazioni: “Il nostro intento è molto semplice: creare un prodotto che piaccia a chi ci segue. Questo è possibile solo conoscendo il proprio pubblico”.

Dicembre 2012: l’azienda crea ancora prodotti per i grandi network mainstream, “per un puro motivo commerciale”, dice Sam. Ma è proprio prima di Natale che arriva l’email della vita. Google Zeitgeist nota un loro prodotto: un uomo che nuota in una piscina assieme a un orso polare. Nella mail Google dichiara il proprio interesse, ma alla fatidica domanda ‘ci pagherete?’ la risposta è negativa. “Questo non cambiò la nostra scelta, Google utilizzò il video. Ecco un’altra cosa da capire del web: i brand più potenti sono da sfruttare come pubblicità senza preoccuparsi del compenso”.

Oggi l’agenzia vive dei proventi pubblicitari scaturiti dalle visualizzazioni e dalla vendita del prodotto ai principali network televisivi, come National Geographic, History e Discovery Channel, che gli utilizzano per i propri documentari. “Da inizio 2013 collaboriamo con un’altra azienda esperta di web, Righster, alla quale abbiamo chiesto di darci consigli per raggiungere i 3 milioni di visualizzazioni mensili. C’è sempre da imparare da chi ne sa di più”. I consigli dispensati sono questi: trattare gli spettatori con rispetto; avere un calendario di condivisione congruo con gli impegni della propria audience; non fare video troppo lunghi; non fare un canale che tratti un tema troppo generale: “È inutile trattare le auto in generale, apritene uno sulle Ferrari! Anzi: apritene uno sulle Ferrari d’epoca ed esclusivamente fashion. Il web è la rivincità delle nicchie!”.

Per concludere l’incontro Sam mostra in una slide un grafico con gli andamenti del canale nell’ultimo anno con tre picchi principali: 6 milioni di visualizzazioni a luglio 2013 per Chetar Chases Impala, 31 milioni di visualizzazioni a dicembre per Flying Lions, 24 milioni a febbraio 2014 per Snake eats Crocodile. E dispensa ancora qualche consiglio: “Guardate le curve, il web è un mondo di picchi e cadute. Scendi e sali ma quando scendi ottieni sempre un po’ più di audience rispetto a prima. È inutile concentrarsi su ascolti fissi! Badate al prodotto di qualità”. Nei prossimi anni Barcroft vuole raggiungere 1 miliardo di spettatori. Non ci rimane che fargli gli auguri e ricordare il più importante insegnamento di Sam: “More fantastic stories!”

Andrea Mularoni
@AndreaMularoni