
Dopo aver assistito al workshop Twitter: la scoperta, la cura e la verifica dei contenuti con Joanna Geary (Twitter Uk) e Simon Rogers (data editor di Twitter), laboratorio volto a fornire agli addetti ai lavori dell’informazione gli strumenti più avanzati per conoscere, diffondere e verificare i contenuti su Twitter, abbiamo avuto l’occasione di ragionare sulle relazioni fra questo social network e il mondo del giornalismo con Livia Iacolare, manager per le media partnership di Twitter Italia. Di seguito l’intervista.
Che impatto ha avuto Twitter su un universo in rapido cambiamento come quello del giornalismo?
Il giornalismo, come tutti le arti umane, nascendo dalla ricerca e dalla curiosità, è qualcosa che evolve continuamente, Twitter non è altro che uno strumento nuovo e molto efficace per fare un mestiere antichissimo perché permette di dialogare con fonti che si trovano in luoghi remoti, difficili da raggiungere fisicamente, da cui si possono non solo ricevere informazioni importanti, ma anche diffonderne. Quest’ultimo è un uso per fondamentale di Twitter, attraverso il quale un giornalista può amplificare esponenzialmente il reach della propria notizia. Fra l’altro la forma breve del tweet permette di condensare in pochissimi caratteri (140 per la precisione) il nucleo delle informazioni, includendo link e immagini per l’approfondimento. Ma la forza di questo social network è proprio l’immediatezza del messaggio, quindi è essenziale che un giornalista impari a padroneggiare la brevitas insita nel concetto di Twitter.
Quali strumenti offre Twitter a un giornalista professionista?
Sicuramente la ricerca avanzata è uno strumento fondamentale, che non tutti conoscono, perché spesso ci si limita a ricercare una parola chiave nel motore di ricerca di Twitter e poi a usare quella come fonte principale dell’informazione. In realtà, con Twitter si possono ottenere dettagli molto più specifici, ci vuole solo meno pigrizia e più volontà di indagare, perché gli strumenti di ricerca ci sono e sono gratuiti. Inoltre, consiglio a tutti i professionisti, soprattutto alle redazioni giornalistiche, di utilizzare TweetDeck, perché ne semplifica molto il lavoro: una volta creati una serie di filtri, infatti, questi funzionano come una sorta di alert per essere aggiornati in tempo reale sugli ambiti d’interesse personalmente selezionati.
C’è disparità nell’uso di Twitter a fini giornalistici fra l’Italia e il resto d’Europa?
In generale in Europa ci sono esempi di giornalisti che usano Twitter in modo molto valido per fare il proprio lavoro, anche perché il giornalista, inteso come categoria professionale, è portato a testare e sperimentare nuove soluzioni per esercitare la professione. Molti hanno capito quasi subito che Twitter è uno strumento eccezionale in questo senso, quindi non direi che ci sia una grande disparità: in Italia, l’uso di Twitter per fare informazione si sta diffondendo a partire soprattutto dagli ultimi due anni, mentre magari negli altri paesi europei è un fenomeno che si sta sviluppando da più tempo, ma i risultati raggiunti sono gli stessi.
Un’idea sorta in molti dibattiti del Festival era quella di Twitter come strumento con cui fare del buon giornalismo pur non essendo fisicamente sul luogo delle notizie. Tu credi sia possibile?
Secondo me, a livello giornalistico, ci sono informazioni che si possono raccogliere e trasmettere tranquillamente da casa usando Twitter, ma ci sono cose che richiedono di essere nel luogo, di stare dov’è la notizia. Quest’emozione non te la può togliere nessuno. Twitter è un ottimo strumento per raccontare non solo i fatti, ma anche i luoghi in cui ci si trova e le persone che si incontrano, ma la vera ricerca sul campo, in fondo, è il bello di questo mestiere.
Giulia Cuter
@cutergi