Il mondo morirà di capitalismo?

Moriremo di capitalismo? Se lo sono chiesti Luigi Zingales, economista, accademico e blogger italiano, e Giorgio Meletti, giornalista del Fatto Quotidiano che ha moderato l’incontro, per l’International Journalism Festival di Perugia. “Luigi Zingales – ha commentato Meletti – sta facendo un grande lavoro di ricerca, negli Stati Uniti, sul capitalismo americano e non solo quello americano.” Il giornalista ha esordito, quindi, sottolineando l’approccio critico dell’economista sul capitalismo: “È un liberale, non so se dire liberista, ma Luigi Zingales è uno studioso che crede nel mercato a tal punto da studiarne le distorsioni, i limiti e i difetti.

E il mercato di oggi, si sa, è caratterizzato dalla globalizzazione: questo fenomeno rivoluzionario che tutti studiano e che tutti esaminano. Perché? Per arrivare a scoprire se è qualcosa che dobbiamo combattere e, soprattutto, se la possiamo combattere. La globalizzazione è il fenomeno che ha creato una grande interdipendenza delle economie nazionali, facendo nascere un mercato unico mondiale. Trasportare le merci al giorno d’oggi ha un costo ormai irrilevante e quindi, come sottolinea Meletti, la prima domanda da porci è: il capitalismo è in grado di sopravvivere a questa competizione esasperata?

Zingales ha esordito citando Luigi Einaudi, del quale si sente seguace da sempre: “Nelle lezioni di politica sociale lui descrive il mercato come la fiera di paese dove vengono scambiati i beni, ma sotto gli occhi vigili di due carabinieri, che assicurano che il mercato segua delle regole ben precise”. Sempre citando Einaudi, l’economista ha proseguito: “Uno dei compiti dello stato è quello di distruggere le trincee che giornalmente i produttori costruiscono a protezione delle loro posizioni. Una posizione, si direbbe oggi, molto ordoliberista di Einaudi che vede il mercato non come una naturale creazione in cui non c’è nessuna regola, ma una creazione dell’uomo che deve essere mantenuta e coltivata nelle forme e nei modi corretti”.

Secondo Zingales il problema della globalizzazione, che ha portato enormi vantaggi, soprattutto in Cina e meno da noi, è l’espansione del mercato al di là dei limiti del controllo del mercato stesso. “Noi oggi – ha spiegato l’economista – abbiamo un’ economia globale, non abbiamo un governo globale. Questo pone dei problemi molto forti nel disegnare e nel far rispettare le regole. Oggi abbiamo imprese che sono molto più importanti, forti e influenti di molti governi.”

Questo ormai è un dato innegabile: le multinazionali hanno un ruolo predominante nella sfera internazionale, e questo succede poiché possiedono e controllano la maggior parte del commercio mondiale. Ma come sono arrivate ad avere un potere che supera quello dei governi? Grazie alla globalizzazione.

“Stiamo parlando di organizzazioni che hanno un potere enorme – spiega Zingales – che alla fine non è controllato da nessuno. Perché le grandi imprese multinazionali non sono controllate dai governi, non sono controllate dai loro azionisti (ma anzi molto spesso li controllano) e non sono certamente controllate dai dipendenti. Un po’ sono spinte qua e là dai consumatori, quando questi hanno un’alternativa, ma alla fine sono controllate solo da se stesse.” L’economista arriva così alle conclusioni: “Secondo me il grosso problema della globalizzazione che noi abbiamo vissuto fino a questo momento è che non c’è stato nessun processo di gestione della globalizzazione, che come tale ha portato enormi scompensi. Come economisti sappiamo che la globalizzazione aumenta le dimensioni della torta disponibile ma non c’è nessuna garanzia che l’aumenti per tutti”.

Come cambiamento su scala globale questo fenomeno ha portato dei vincitori e dei vinti. Esistono successi e insuccessi tangibili nell’economia globalizzata e uno di questi è sicuramente la disparità. In un mondo interconnesso e interdipendente come quello di oggi la disuguaglianza è davanti agli occhi di tutti. E quando c’è disuguaglianza c’è anche qualcuno che lotta per invertire lo status quo. Per secoli l’Occidente ha dominato sui popoli del Terzo mondo e ha vissuto grazie alle loro risorse, come ricorda Meletti. La domanda è sorta spontanea, dunque, ed è stata direttamente rivolta dal giornalista all’economista: “Vedi più un futuro in cui si afferma una dominazione simmetrica, quella che è stata dell’Occidente, oggi dalla parte cinese e asiatica del pianeta o più un caos multipolare?”

La risposta di Zingales è stata molto decisa: “Sicuramente stiamo entrando in una fase di caos multipolare: se siamo ottimisti vediamo l’Europa come uno dei poli, se siamo pessimisti vediamo solamente un mondo bipolare, dove i due poli sono gli Stati Uniti e la Cina. Da un punto di vista militare l’Europa non è poi così importante, dal punto digitale l’Europa non esiste: le due grandi potenze rimangono Cina e Stati Uniti. Stiamo andando verso un mondo bipolare dove l’Europa deve decidere che ruolo giocare.”

L’America di Trump d’altronde l’ha già capito chiaramente che il suo unico rivale è la Cina. Questa non è solamente una sfida a colpi di mercato e di nuove tecnologie, ma anche una sfida ideologica che gli USA di oggi non possono essere certi di vincere. Non siamo più nel dopoguerra: i paesi del mondo non aspettano il soldato buono che li liberi da quello cattivo. I paesi sono liberi di scegliere e lo faranno sulla base della convenienza e non più sulla base della necessità. “Le persone più illuminate ti dicono chiaramente che un governo globale c’era ed era un governo fatto dagli Stati Uniti” spiega Zingales, che ha continuato: “Sostanzialmente dopo la Seconda Guerra Mondiale almeno nel mondo occidentale c’era un’egemonia illuminata degli Stati Uniti che decidevano più o meno per tutti. Lo facevano con savoir faire e con una visione di lungo periodo, non c’è dubbio che il piano Marshall sia servito nel lungo periodo agli Stati Uniti, però è stato una cosa illuminata. Purtroppo questa fase, che ha avuto i suoi difetti, sta andando a finire”. Nel ragionamento dell’economista quindi gli USA hanno assunto nei decenni del Novecento “il ruolo di guardiani del mondo e in cambio hanno usato la loro valuta per pagare tutti: avevano un vantaggio straordinario poiché mentre tutti gli altri dovevano guadagnarsi da vivere, loro potevano stampare dollari che venivano accettati in tutto il mondo”.

Ma l’America di oggi è pronta per continuare ad essere la potenza principale? È pronta a strappare l’egemonia alla Cina, che si è già candidata come sua valida alternativa? Secondo Zingales oggi in America manca la fiducia di una volta e gli americani sono i primi a non voler più essere guardiani del mondo. “”Era inevitabile – ha detto Zingales – che prima o poi una reazione più involutiva e introspettiva succedesse. Oggi ci troviamo davanti ad una Cina che si sente, a tutti diritti, potenza mondiale”. Possiamo dunque concludere dicendo che, come afferma Zingales, stiamo andando verso un mondo bipolare. E l’Italia? In che ruolo si dovrà porre con le due grandi rivali? Oggi, come ci ricorda l’economista, non siamo più così fondamentali come dopo la Seconda Guerra Mondiale. Secondo Zingales dunque dovremo ripensare al ricollocamento dell’Italia nel mondo e stare molto attenti nelle scelte che facciamo con la Cina perché è lì che si deciderà tutto.

Ma tornando al presente, e tornando a parlare di capitalismo, l’incontro con Zingales non si poteva concludere senza parlare del capitalismo clientelare o crony capitalism, che è arrivato come un’onda fino alle coste americane e le ha sommerse. “Il sistema americano – ha affermato Zingales – si è deteriorato notevolmente e ora assomiglia molto a quello italiano.” Possiamo dunque definire il crony capitalism come “la continuazione della corruzione sotto altre forme”, come ha spiegato Zingales. Un fenomeno che, secondo l’economista, gli italiani conoscono bene e che significa sostanzialmente guadagnare non grazie alle proprie capacità ma grazie alle proprie relazioni. Seppure, quindi, possa esistere una forma di questo tipo di capitalismo, diffusa anche tra gli statunitensi, la sostanza non cambia: la corruzione è e rimarrà illegale. Se il mondo morirà di capitalismo, sarà a causa di questo capitalismo corrotto.