“Il pacco”: una (triste) storia italiana

Il panel, tenutosi alla Sala Raffaello dell’Hotel Brufani, era volto ad approfondire il discorso su una delle falle più radicate del nostro Paese: un sistema bancario fragile e corrotto, quello che ha portato Sergio Rizzo, editorialista per La Repubblica, a scrivere il suo nuovo libro intitolato “Il pacco. Indagine sul grande imbroglio delle banche italiane”, presentato quest’oggi e introdotto da Mario Seminerio, manager ed editorialista.

Sarebbe interessante capire come fa un imprenditore a fare anche il banchiere” – dice Seminerio – “C’è un lieve conflitto di interessi, che uno dei fili conduttori di questo libri. Il conflitto di interessi è la regola: le consulenze inutili, i favori e gli amici all’ordine del giorno. La trasparenza è una fastidiosa incombenza da evitare”. Sono l’astuzia e gli amici di amici a portare i consigli di amministrazione delle banche ad avere al loro interno persone incapaci a svolgere il lavoro a loro affidato.

Una sintesi brutale ed estrema secondo cui ciò che è avvenuto negli ultimi anni in Italia non è frutto di un complotto ordito da potenze esterne che stanno cercando in ogni modo di depredare il bel Paese, bensì di un appuntamento inevitabile con il destino che non poteva non arrivare per quelle banche che, come spiega Seminerio, “hanno fatto dell’erogazione del credito allegra una ragione di vita, con garanzie che c’erano e non c’erano, con una passione smodata e patologica per l’investimento immobiliare che poi si è rivelato essere la più pesante pietra al collo di queste banche e dei loro azionisti”. Un sistema amicale, relazionale di comparaggio che fintanto c’è stata una parvenza di crescita ha retto e che si è poi sfaldata perché “quando si è prosciugata l’acqua nell’acquario, si è visto chi nuotava senza costume.”

Con tutto questo è profondamente d’accordo Sergio Rizzo che inizia la presentazione del suo libro spiegando come ciò che è davvero sconcertante è che, negli anni, non sembra esserci stato un miglioramento ma che, a partire dalla vicenda che ha riguardato il Monte dei Paschi di Siena o l’Anton Veneta, si è instaurata una reazione a catena che rischia di continuare anche nel futuro, nonostante i danni provocati siano già ingenti. E allora ci si domanda: ma chi fa questo mestiere non lo sa? Non coglie tutti i segnali che dovrebbero aiutare non tanto a prevedere ma perlomeno a capire cosa sta accadendo nel mercato?

Dall’incontro di oggi è emerso che la risposta è negativa, molto spesso a causa della qualità di una classe dirigente più legata ad interessi politici che economici. Rizzo spiega come la Banca d’Italia nel marzo 2008, quando ha dato l’autorizzazione per aumentare il capitale al Monte dei Paschi di Siena, era a conoscenza di cosa fosse era successo in America per casi simili ma anziché procedere con un aumento di capitale classico, ha fatto un’operazione chiamata “Chianti Classico”, che prevedeva la cartolarizzazione di una parte del proprio patrimonio immobiliare con successiva collocazione sul mercato dei titoli per un valore di 1,5 miliardi, con cui MpS si aspettava di incassare 450 milioni di euro.

Nella ricostruzione di Rizzo i legami forti tra banche e politica sono chiari, con tanti posti nel consiglio di amministrazione aggiunti per garantire posti alle varie correnti politiche. E infatti, quando ha iniziato a fare indagini ha scoperto che nessuno aveva idea di cosa significava gestire una banca e a questo fatto grave si aggiunge anche la frequente leggerezza dell’ordine di vigilanza, che ha spesso permesso operazioni imbarazzanti.

Un altro caso citato da Rizzo, che mette in evidenza i problemi legati ai sistemi bancari italiani, riguarda il Tesoro dello Stato che ha una competenza importante, ovvero quella di vigilare sulle fondazioni bancarie, e in particolare quella di concedere l’autorizzazione per l’aumento di capitale di queste fondazioni. Nel caso del Monte dei Paschi di Siena, ha permesso operazioni che, come dice Rizzo, hanno portato alla formazione di una palla di neve impossibile da fermare. “E la cosa incredibile e incresciosa è che, quando l’avvocato al Tesoro è stato chiamato dai giudici a spiegare perché ha dato questa autorizzazione ha detto che loro non lo sapevano perché non avevano la situazione patrimoniale aggiornata”. L’approvazione all’aumento di capitale, quindi, è stata data senza aver visto le carte.

A tutto questo si aggiunge la triste consuetudine di una classe dirigente inadeguata e non all’altezza della situazione, chiamata a lavorare lì soltanto per ragioni politiche. “Scendendo giù”- continua Rizzo-“c’é l’incapacità e la mancanza di professionalità delle strutture intermedie della banca, come ad esempio i dirigenti”. Analizzando la storia di Siena Rizzo spiega come il 10% della popolazione lavorasse al Monte dei Paschi, come tutti i sindaci della città prima lavorassero lì e di come, una volta finito il loro mandato, tornassero a lavorarci ricevendo una promozione. La cosa davvero impensabile è che sia il dipendente della banca a decidere le sorti della banca.

Un unico filo rosso che lega la disfatta del Monte dei Paschi con quella della Cassa di risparmio di Ferrara, fino ad arrivare al salto della Banca Marche, Cassa di Risparmio di Chieti, Banca Popolare dell’Etruria e di Vicenza, per terminare con la Veneto Banca. Un effetto domino che ha affossato importanti banche italiane, facendo perdere milioni di euro a migliaia di risparmiatori.

Durante l’incontro, Rizzo non manca di riservare un appunto critico alla descrizione degli avvenimenti fornita dalle televisioni: “Si dà sempre la colpa allo Stato, come se avesse il dovere di risarcire chi ha perso i soldi investendoli in un’attività privata come le banche. Qui lo Stato non c’entra nulla. Si è fatto un uso demagogico di queste notizie per mettere la croce addosso a certi politici che magari la meritavano ma non così.” Sono queste le parole di chi è profondamente convinto che in queste operazioni ci abbiano rimesso l’osso del colo non solo molti risparmiatori in buona fede ma anche molti altri che hanno perso soldi perché convinti di potersi arricchire.

Ma la cosa davvero deludente è che il passato sembra non avere insegnato molto:”Purtroppo ho la sensazione che non sia finita qua perchè ci sono tante altre banche che rischiano di fare questa fine” sempre per colpa di sistemi di vigilanza mal funzionanti e di scarsa professionalità e competenza. E’ difficile capire come chi governi un organismo così delicato non senta il bisogno di essere adeguatamente informato, eppure è questo ciò che emerge dall’analisi di Rizzo, ben illustrata nel libro.