Secondo Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale Anti-corruzione (ANAC), la trasparenza nelle amministrazioni, insieme alla corretta gestione degli appalti pubblici, è la chiave di volta per risolvere il problema della corruzione nel nostro paese. Ne ha parlato durante il primo giorno del Festival internazionale del giornalismo, nella sala Raffaello dell’hotel Brufani, insieme a Amalia de Simone, videoreporter d’inchiesta che ha moderato l’incontro.
La corruzione rappresenta in Italia un problema annoso, anche se non è appannaggio solo del nostro paese. Secondo le stime di Transparency International , la più grande organizzazione a livello globale che si occupa di prevenire e contrastare la corruzione, negli ultimi anni il nostro paese ha guadagnato quindici posizioni nel ranking mondiale. Questo, secondo Cantone, significa che l’anticorruzione amministrativa e la magistratura hanno lavorato bene negli ultimi anni, anche se purtroppo, gli apprezzamenti sono pervenuti più dall’estero che dall’Italia.
Proporzionalità inversa e malattia auto-immune
Negli ultimi anni si è riflettuto molto sulla relazione tra giornalismo investigativo e corruzione. Nei paesi dove funziona il giornalismo d’inchiesta, la corruzione è più bassa e la qualità democratica più alta: è una sorta di proporzionalità inversa considerata ormai come un dato di fatto. La funzione di sorveglianza che prevede il giornalismo nei conflitti di illegalità e corruzione è legata a doppio filo anche all’importanza della libertà di stampa. “Nei paesi in cui funziona il giornalismo vero, il giornalismo d’inchiesta -afferma infatti il presidente dell’ANAC- la corruzione è molto più complicata perché i giornalisti sono i veri watch-dogs, cioè i cani da guardia veri del sistema e chi è in grado di fare giornalismo serio, è in grado di migliorare il livello di democrazia del paese.”
Purtroppo, però, il lavoro dell’ANAC e quello del giornalismo investigativo non viene spesso valorizzato nel discorso politico: il riferimento che emerge è quello alla recente dichiarazione del sottosegretario leghista Armando Siri, che afferma che la corruzione è una malattia autoimmune che si può vincere con il buonsenso. Cantone commenta sarcasticamente che “se lui ha individuato qual è la ricetta, meriterebbe il Premio Nobel, perché la corruzione è studiata dalle organizzazioni internazionali, a cominciare dall’ONU, da anni” e l’idea che la ricetta contro la corruzione possa essere il buonsenso è un’idea paradossale, quasi pericolosa.
Open data e accountability
Recenti critiche hanno sostenuto che l’attività dell’ANAC sia complice nel rallentamento dei lavori pubblici: come fa notare la giornalista Amalia De Simone, in questo momento in Italia il problema non sembra la corruzione, ma piuttosto l’anti-corruzione. “L’idea dei controlli non piace – continua l’ex magistrato – ed io potrei anche essere d’accordo, […] minori lacci all’iniziativa privata ad esempio possono essere una scelta positiva, ma qui stiamo parlando di gestire le risorse pubbliche, allora io credo che nell’utilizzo delle risorse pubbliche bisogna utilizzare cautele enormi: ognuno con i propri soldi fa quello che vuole, ma i soldi pubblici sono di tutti, e con i soldi pubblici non si gioca come se fossero soldi privati”. Occorre infatti che tutti sappiano come vengono spesi i soldi pubblici: è una regola che non può essere assolutamente derogata in una democrazia.
Un altro problema affrontato da Raffaele Cantone riguarda le amministrazioni e le gare d’appalto, in particolare negli appalti di grandi dimensioni, dal momento che la corruzione si annida dove c’è una sistematica irregolarità dell’amministrazione pubblica. Le mafie molte volte riescono a penetrare proprio grazie allo strumento del subappalto, fornito in modo irregolare, e talvolta le amministrazioni non sono in grado di gestire le opere pubbliche, quindi i lavori si bloccano. Scarsa trasparenza e corruzione sono legate a un doppio filo: nelle loro pagine web, gli organi amministrativi sono tenuti ad avere un portale dedicato alla trasparenza, i famosi open data, molto utili anche per il lavoro di data journalism. I dati aperti sono inoltre uno strumento importantissimo di accountability in quanto da una parte gli amministratori che impiegano risorse finanziarie sono tenuti ad informare i cittadini dell’uso che ne viene fatto, e dall’altra parte i cittadini dovrebbero essere spinti a verificare l’efficacia della gestione dei soldi e segnalare irregolarità anche se non è sempre facile denunciare.
Tutelare i whistleblower
I whistleblower sono coloro che identificano e denunciano pubblicamente attività illecite o fraudolente all’interno del governo o di un’organizzazione pubblica pubblica o privata. Molte volte in Italia coloro che denunciano non vengono tutelati e subiscono un isolamento sia sul posto di lavoro, sia da parte di amici e parenti, nel nostro paese c’è ancora tanta omertà e segnalare atti come la corruzione resta un’azione difficile. “Il sistema del whistleblowing -spiega Cantone- nel nostro paese sta cominciando lentamente ad attecchire. non è un caso, l’utilizzo di una parola straniera non nasce da un vezzo esterofilo, ma era difficile proprio trovare una parola che riesce a tradurlo senza mettere una connotazione negativa, perché se lo chiamiamo spione o collaboratore di giustizia, in qualche modo ne evidenziamo il dato relativo.” Il vero problema in Italia riguardo alla diffusione di questa pratica di denuncia è piuttosto di tipo culturale, molte volte sarebbe necessario segnalare un illecito del tuo vicino di scrivania, o di persone con cui si è soliti condividere una parte importante della propria giornata e queste non sono azioni facili. L’ANAC si occupa anche di questo tema, valutando prima di tutto l’attendibilità della segnalazione e, successivamente, prevedendo meccanismi di tutela nei confronti di colui o colei che denuncia, anche se non sempre questi meccanismi purtroppo funzionano.
Prevenzione o repressione?
Sul piano delle ipotetiche soluzioni, si è parlato anche dell’importanza della prevenzione e della repressione in caso di illeciti. Meglio prevenire o reprimere? A riguardo, Cantone sostiene che la prevenzione sia molto più efficace della repressione, ma le due devono essere connesse. “La repressione deve essere anche piuttosto seria: io sono stato assolutamente favorevole dell’aumento delle pene che negli ultimi anni ci sono state per i reati di corruzione”. Il nostro codice penale infatti puniva il furto di beni privati più severamente rispetto al furto di beni pubblici, ma ultimamente c’è stato un inasprimento, anche se è preferibile uno Stato che sia in grado di ottenere risultati senza l’uso costante della minaccia di pene draconiane. In Italia la questione culturale pesa molto sull’argomento: occorre cambiare alcune abitudini dei cittadini e, soprattutto, chiedere alle amministrazioni di non criminalizzare, ma piuttosto di puntare sulla trasparenza.