
“A distanza di un anno nulla è cambiato, anzi sembra quasi che il problema non esista più”. È con queste parole che lo scrittore e giornalista Giuseppe Manzo, fra i relatori del panel Sala del Dottorato, apre il dibattito sullo scottante tema della Terra dei Fuochi. Nell’Italia della vuota retorica, delle contraddizioni e dell’eterno reitararsi della storia, la Campania e tutto quello che concerne lo scempio dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici non rappresenta certo un’eccezione: bonifiche, screening e prevenzione per la salute dei cittadini restano delle chimere, il controllo militare dei numerosi roghi sul territorio è fallito, i fondi per il contrasto delle attività illecite sono stati decurtati, se non addirittura spariti del tutto. Unico atto concreto, spiega Manzo, è il tentativo di recuperare l’immagine della regione, puntando sul marketing pubbliciario mirato ad esaltare le eccellenze campane, spingendo le testate locali a non entrare nel merito della questione dell’inquinamento ambientale, magari con l’aiuto di finanziamenti. In sostanza, insabbiare il cancro che affligge la Campania, far finta che vada tutto bene, aggirando furbescamente l’ostacolo e continuare nel triste gioco del silenzio.
Un cancro però, quello della Terra dei Fuochi, destinato ad espandersi a macchia d’olio in altre regioni del Paese, come documentato dal lavoro d’inchiesta di Amalia De Simone, giornalista di Corriere.it che ha recentemente portato alla luce diversi siti oggetto dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici in Lombardia, con particolare riferimento al distretto bresciano: “I roghi tossici esistono anche nel bergamasco, nel mantovano, in provincia di Brescia così come a Montichiari ed il fatto che se ne parli poco rappresenta motivo di isolamento per chi invece denuncia e combatte, da solo, il silenzio”.
Anche il Nord Italia dunque finisce dentro l’occhio del ciclone: non solo terra di conquista per chi con i rifiuti tossici ha creato un impressionante business economico ma anche preda di traffici internazionali dal momento in cui la puzza della “monnezza” sarà pure sgradevole ma odora di soldi e sembra che anche nel resto d’Europa se ne siano accorti.
A corredo dell’incontro il contributo del Procuratore Generale di Brescia Pier Luigi Maria Dell’Osso, impegnato nella dura e lunga battaglia all’inquinamento ambientale tanto da aver introdotto la D.I.A. perfino sul territorio bresciano. Un territorio questo che, numeri alla mano, vive un preoccupante stato d’allarme: ben sette i siti riscontrati nell’area urbana di Brescia in cui il tasso di radioattività è di gran lunga superiore ai livelli standard. Dell’Osso spiega come proprio l’alto tasso di industrializzazione dell’area in questione abbia tristemente destinato il territorio ad essere nuovo polo d’attrazione per il riversamento di scarti tossici relativi non tanto ai rifiuti urbani quanto alle scorie delle produzioni dell’industria metallurgica. Sebbene l’area sia stata fra le prime a dotarsi di una legislazione per regolarizzare costruzione e uso delle discariche è altrettando innegabile come questa regolamentazione presenti numerose falle che impediscono una seria tracciabilità di chi scarica illegalmente. Il Procuratore Generale infine ha evidenziato come il trasporto dei rifiuti tossici non avvenga soltanto su gomma ma anche e forse soprattutto su rotaia, sfruttando l’utilizzo di reti ferroviare ufficialmente dismesse.
Tra le mille incongruenze un’unica certezza: i rifiuti hanno fatto l’unità d’Italia.
Roberto Fazio
@RobertoFazio91