Nella Sala Raffaello dell’Hotel Brufani si discute del populismo, delle sue declinazioni e sfaccettature con il panel discussion “Da Brexit a Trump: populismi a confronto” con James Politi direttore della redazione di Roma del Financial Times, Gaia Pianigiani, corrispondente dall’Italia per il New York Times e Olivier Tosseri, collaboratore di Les Echos della TV Canal +. A moderare l’incontro Davide Ghiglione del Financial Times.
Rispondendo alla domanda di Ghiglione su quali siano gli elementi costitutivi del populismo, Politi sostiene che uno di essi sia “il sentimento di poter dare soluzioni facili ai problemi complessi della società“. Questo punto accomuna sia il fenomeno della Brexit che l’ascesa di Trump. Inoltre, per Politi, il populismo fa leva sulla democrazia diretta, sulla pretesa di essere l’unica “rappresentazione della volontà popolare” rispetto ai corpi intermedi. In più, i movimenti populisti di oggi trovano spazio nei nuovi social network. A partire da twitter e svariati blog, sono in grado di raggiungere un audiance sempre più vasto e diversificato. Contemporaneamente tali espressioni populiste si pongono con distacco e in maniera critica rispetto i media tradizionali. Per ciò che concerne la global economy e i mercati finanziari, le spinte populiste più estreme lasciano emergere forti preoccupazioni. La chiusura del mondo globalizzato, sostiene Politi, comporta serie conseguenze in vari ambiti (commercio, immigrazione, politica internazionale ecc.). Il giornalista sostiene anche che se gli effetti immediati non sono stati troppo dannosi, quest’altra faccia della medaglia sarà presto visibile. “Quale sarà il futuro delle società chiuse? Sicuramente non sarà questo El Dorado che viene rappresentato“.
Tosseri ripropone la distinzione fatta da Moro e Andreotti su cosa dovrebbe essere la politica. Per il primo la politica deve orientare la società, per il secondo invece deve assomigliare alla società. Quindi, per Tosseri oggi siamo calati nella seconda dimensione, caratterizzata dalla mancanza di idee innovative. Ciò crea l’habitat ideale per i movimenti populisti.
Pianigiani spiega come Donald Trump sia un populista per certi aspetti sui generis. Inizialmente emerge, infatti, come business man di successo. Trump, parallelamente al Berlusconi degli esordi degli anni ’90, appare come “l’uomo nuovo”, capace di capitalizzare la sua fortuna e contemporaneamente pronto a criticare l’establishment. Il presidente degli Stati Uniti risulta essere populista inizialmente nel linguaggio. Adopera in un primo momento parole semplici e comprensibili, ma non si può ancora definire “populista” come rappresentante degli interessi di tutti. Il punto di svolta si ha con la sua ascesa repubblicana, che lo conduce anche ad una correlata evoluzione comunicativa. Grazie anche all’aiuto di Steve Bannon, Trump passa dal monologo “io,io,io” a “io che rappresento tutti voi”.
Tosseri considera possibile un’eventuale “Frexit”, dato anche l’ultimatum di Marine Le Pen che, qualora fosse eletta, proporrebbe il referendum per uscire dall’euro e, in caso di sconfitta, sarebbe pronta alle dimissioni. La Francia trova terreno fertile per il populismo, dato il suo forte protezionismo e nazionalismo, lo stretto legame tra il leader e il popolo e l’aspra critica contro le élite. Inoltre, per Tosseri, il populismo non è caratterizzato da un’ideologia definita e la fluidità dell’elettorato, combinata con un grado d’astensionismo, può portare alla sua vittoria.
Il M5S viene analizzato da Politi e Pianigiani. Il primo riconosce un partito populista forte (al 30% nei sondaggi) che attinge all’elettorato giovane di Destra e Sinistra. La seconda sostiene che non sia possibile categorizzare l’orientamento politico del Movimento in uno schieramento rispetto un altro. Politi, riconosce anche il tratto caratteristico dell’attacco ai media tradizionali e l’auspicarsi di una democrazia diretta. Inoltre, identifica in Grillo la presenza di un “linguaggio trumpiano”, volto all’isolazionismo.
Risulta quindi evidente la metamorfosi del populismo, che oggi appare chiaramente nelle sue diverse forme e nei vari contesti socio-politici. Gli interventi dei giornalisti presenti hanno messo bene in luce i tratti comuni, i punti di forza e debolezza di fenomeni quali “Trump” e “Brexit”. Sarà il tempo la cartina tornasole di queste espressioni populiste, in termini di conseguenze e prospettive.