di Ludovica Lugli
In Sala Raffaello, Hotel Brufani, la giornata si è aperta con la panel discussion Si fa presto a dire green, moderata da Alfredo Macchi, inviato Mediaset. Protagonista principale Paola Bolaffio, ideatrice di Giornalisti Nell’Erba, un progetto educativo volto ad avvicinare giovani dai 5 ai 29 anni ai temi ambientali, attraverso lo strumento del giornalismo. Quest’anno, con l’ottava edizione dell’iniziativa, sono stati coinvolti circa 500 ragazzi, che hanno partecipato a quattro diversi workshop. L’obiettivo, indagare e scrivere di “greenicità” su diverse piattaforme. Il lavoro completo, composto da inchieste video e più di cento pezzi scritti, verrà pubblicato il 7 maggio.
Alla discussione sono intervenuti anche Sergio Ferraris, direttore di QualEnergia, e Marco Fratoddi, direttore della Nuova Ecologia e segretario generale di FIMA, la Federazione Italiana dei Media Ambientali. Ferraris ha osservato come i ragazzi si siano dimostrati ricettivi e puntigliosi, sottoponendo a responsabili di aziende ed esperti questioni non banali: i Giornalisti nell’Erba (GNE) sono stati diretti e sintetici, e non hanno avuto problemi a fare domande scomode. Fratoddi invece ha sottolineato la valenza educativa del progetto al fine di creare cittadini più consapevoli. Questo è stato possibile grazie alla particolare alleanza tra giornalisti, educatori e comunicatori d’impresa.
Sono tre le aziende che si sono rese disponibili a collaborare con Giornalisti Nell’Erba, sottoponendosi agli sguardi indagatori dei giovani reporter: Novamont, azienda leader nel mondo nel settore delle bioplastiche (Mater-Bi®), Carlsberg Italia e Unilever. Laura Marchini, a capo della comunicazione di Carlsberg Italia, ha scoperto Giornalisti Nell’Erba tre anni fa, proprio a Perugia. Oggi è molto soddisfatta del lavoro svolto con i ragazzi, perché “consumatori maturi richiedono aziende più mature” e rispondere a domande scomode aiuta a capire come si può lavorare meglio. Daniela Riganelli, consulente per le politiche ambientali di Novamont, invece ha affermato che i ragazzi sono più bravi dei giornalisti professionisti a essere chiari sui temi scientifici, recepiscono le informazioni senza faziosità e “sono in grado di riportarle senza fare confusione perché sono molto curiosi e vogliono davvero capire”.
La “greenicità” delle multinazionali è stata studiata in particolare da Eric Barbizzi, GNE di 10 anni, che è intervenuto all’evento di questa mattina. Barbizzi è un ragazzino molto precoce, bilingue (conosce perfettamente l’inglese), preparato e sensibile. Un vero bambino prodigio. Nel corso di questa edizione di Giornalisti Nell’Erba si è occupato di greenwashing e greencashing: il primo termine indica una pratica disonesta delle organizzazioni che vantano virtù ambientaliste fasulle per ottenere un’immagine positiva di fronte a consumatori ed elettori; il secondo è un neologismo di Barbizzi, che indica le iniziative che al contrario portano le aziende a essere davvero più ecocompatibili, ottenendo come conseguenza indiretta maggiori profitti grazie all’approvazione dei consumatori. La ricerca di Barbizzi è stata approfondita e ha toccato argomenti complessi, come i trattati bilaterali tra stati che permettono alle multinazionali di fare causa agli stati stessi, quale sarà il Transatlantic Trade and Investment Partneship (TTIP), tra Stati Uniti e Unione Europea.
Quando ha partecipato per la prima volta a Giornalisti Nell’Erba, all’età di cinque anni, Barbizzi non sapeva nulla del giornalismo. “Ero interessato allo spazio, alla scienza, alla storia, non ai giornali” ha dichiarato, ma poi si è appassionato e oggi è responsabile Esteri dei GNE. Alla domanda su come suscitare tra i suoi coetanei l’interesse per il giornalismo e l’ambiente, ha risposto dicendo: “Nella mia scuola si insegna la religione, l’ambiente non sembra interessi tanto. Come ho ribadito all’Accademia dei Lincei, bisogna provocare i ragazzi, non semplicemente fare discorsi che suonano come cantilene. Bisogna cercare di fare domande ai ragazzi, istigandoli a dare risposte, di modo che diventino più interessati. Ho la mia esperienza personale a dimostrarlo”.
Nel corso della panel discussion è intervenuta anche Ilaria Romano, giornalista generalista e tutor dei GNE, illustrando il lavoro di preparazione delle giovani penne. Ogni workshop ha visto gli interventi di esperti, che hanno trattato le tematiche ambientali dal punto di vista scientifico, e di giornalisti, allo scopo di fornire strumenti ai ragazzi. Dopo le lezioni si svolgevano riunioni di redazione, durante le quali i GNE potevano dimostrare la loro preparazione. “A volte i piccoli sorprendono perché sono più freschi, non avendo sovrastrutture”, ha affermato Romano, aggiungendo che “greenicità” è un neologismo creato da Giornalisti Nell’Erba. Diversi linguisti dell’Università di Roma Tor Vergata si sono appassionati a questo termine, confermando che colma un vuoto della lingua italiana e che fra qualche anno sarà nei vocabolari. Per ora lo troviamo su Twitter, come #greenicita.
L’evento si è chiuso con domande importanti sul ruolo del giornalismo e dell’istruzione. Serve istituire una nuova materia, educazione ambientale, a scuola? Come approfondire temi complessi e spesso ad alto contenuto di termini tecnici sui media tradizionali? Come utilizzare consapevolmente internet per fare inchiesta?
Molto interessante davvero!
Mi spiace che l’interesse e’ stato un po’ rovinato dall’ orribile vocabolo che non avevo mai visto scritto: “greenicita'”…. veramente di cattivo gusto come tutti gli inglesismi o americanismi che dir si voglia con altrettanti bruttissime parole! Aldo Cavalletti
Però se mettevano “verdità” non è che migliorava tantissimo :)
Greenicità, coniato per l’occasione come hashtag con cui lanciare il progetto, non ha equivalenti. Come hanno spiegato linguisti dell’universita di roma tor vergata, i gne hanno colmato un buco. Oggi Greenicità, che piaccia o meno, è un neologismo. Sarà l’uso a stabilire se prendera piede ed entrera nel vocabolario oppure verrà abbandonato.
Grazie per la precisazione!
Rispetto ma non sono convinto che sia necessario colmare buchi della lingua italiana assemblando vocaboli di lingue diverse …. amo la lingua italiana che già è davvero molto ricca (quella che deriva dal latino o dal greco…sarebbe sufficiente), personalmente riconosco di avere un vocabolario modesto ma credo che il vocabolo giusto si possa trovare senza sentire a volte il bisogno di ergersi a scopritori o inventori di parole. Cmq chiedo scusa se picco qualcuno senza volerlo…è una osservazione priva di velleità linguistiche particolari.