Letteratura 2.0 ai tempi di Twitter: la sfida dei 140 caratteri

Foto Alessandro Migliardi

Immaginate Dante Alighieri – sì, lo storico scrittore trecentesco autore, tra le altre cose, della lunghissima Divina Commedia – alle prese con Twitter: sarebbe stato possibile, per lui, scriverne in soli 140 caratteri? E come se la sarebbero cavata i numerosi personaggi e i protagonisti alle prese con i vari follower e con i troll in rete? Un what if gigantesco, che potrebbe benissimo riassumersi così: leggendo il romanzo russo “Guerra e pace” 140 caratteri alla volta, si finirebbe circa nell’anno 2138 (un’impresa in atto su Rai Radio2).

Se fare letteratura – intesa nel senso pratico dello “scrivere” – su Twitter sembra un lavoro titanico, risulta invece più facile parlare e intavolare dibattiti sui libri e sui casi letterari del momento.

Ma può il social network cinguettante diventare uno strumento di promozione della lettura e dei libri in generale, riuscendo magari anche a influenzare il mercato e a vendere qualche copia in più? Inoltre: è possibile recensire un prodotto letterario… in quei pochi (e maledetti) 140 caratteri?

Secondo Giulia Ciarapica – book blogger di Ghigliottina.it e speaker del panel “Social letteratura: scrivere di letteratura in 140 caratteri” – per tutte quelle persone che hanno fatto della letteratura una vocazione e una missione sul web, Twitter può essere usato in due modi: inserendo nei 140 caratteri un link che rimandi alla recensione vera e proprio del libro in questione, oppure parlare tramite il potere evocativo delle immagini. I libri sono come veri e propri mondi, delle persone in attesa di essere conosciute e dei quali spesso consideriamo anche il lato fisico – la copertina, esatto. E non si tratta di essere troppo materiale, anzi: ogni social network trova la propria forza comunicativa in aspetti diversi della comunicazione, dalle parole alle fotografie.

Inoltre, aggiunge Loredana Lipperini (Radio 3), per gestire la comunicazione letteraria su Twitter è importante mantenere la propria autonomia di fronte a quelle case editrici che ci suggeriscono implicitamente di non parlare male dei propri libri – e che minacciano magari di non mandarcene altri gratis – e allo stesso tempo di non demonizzare chi invece si piega a questa logica, magari perché alle prime armi o solo per sopravvivenza. Comunque lo si voglia utilizzare, il social network in questione come promotore di vendite di libri non funziona tanto bene: “Al momento è utopico pensare che i social possano spostare le vendite di un libro – commenta Loredana Lipperini – ho 5000 amici su Facebook, quindi se pubblicizzo il mio romanzo venderò 5000 copie: è una balla, non succede. Se ho 30 mila follower su Twitter quindi venderò 20 mila copie: è una balla, non succede. Vendere un libro è un’alchimia particolare, i market movers riconosciuti sono ancora solo due e sono il premio Strega e Fabio Fazio. E finora sono inscalfibili”.

Anche il caro e vecchio passaparola funziona ancora, anche se nessuno è riuscito ancora a capire da dove nasca e come funzioni di preciso. Ma sono in atto tante sperimentazioni, come quella del gruppo Facebook Modus Legendi dove i lettori hanno deciso di comprare insieme nella stessa settimana un libro da loro scelto. L’obiettivo è vedere se basterà questo per scalare le classifiche: in caso positivo saremo di fronte a un nuovissimo case history, altrimenti varrà la teoria dei grandi numeri – ossia se nella community si è più di 3000 persone, nella realtà si è solamente in 300.

Parlare di letteratura su Twitter è difficile ma qualcuno ce la fa, e un esempio felice ne è il profilo Casa Lettori gestito da Maria Anna Patti, dove generalmente vengono promossi dai 20 ai 30 libri al giorno – evitando accuratamente che ci sia un accumulo di una casa editrice rispetto a un’altra. Insieme ai lettori bisogna considerare soprattutto la materia prima, ossia colui che scrive. Per gli scrittori non è facile essere presenti su Twitter, e spesso pubblicare link dei propri romanzi e quindi auto-pubblicizzarsi può essere abbastanza fastidioso. Ne sa qualcosa la scrittrice e giornalista Nadia Terranova, che nel social network ha deciso di pubblicare principalmente i link relativi agli incontri pubblici con i lettori.

“Su Twitter interagisco sempre, anche con le critiche, e ammetto che con qualche follower/lettore si è anche creato un rapporto di amicizia – spiega Nadia Terranova – ma se uno scrittore vuole mandare avanti soltanto il proprio libro, può farlo. Non tutti amano interagire”. E aggiungerei: con buona pace dei lettori, che non per questo si devono sentire trascurati o arrabbiati.

In ogni caso, per la Lipperini “Twitter è molto utile come sperimentazione linguistica” e per accorgersene basta pensare a “Scritture Brevi di Francesca Chiusaroli e a TwIetteratura che coinvolge gli studenti a rileggere e riscrivere insieme i classici, distribuendo le parti dei vari personaggi”. Con un semplice procedimento di associazione di idee, dalla linguistica è immediato pensare all’Accademia della Crusca (riconosciuta l’istituzione cardine in Italia per quanto riguarda la correttezza linguistica) un faro per i lettori appassionati di neologismi o per tutti i super rigorosi della grammatica italiana.

“Lo zoccolo duro dei lettori, ossia quel 2% che legge ancora tanto, è ovviamente molto attento anche alla lingua e all’uso linguistico – spiega Vera Gheno, manager dell’Accademia della Crusca – molto spesso la Crusca viene interpellata quando si pensa di avere trovato un errore. Chiaramente la norma linguistica è una cosa molto grigia più che essere bianca e nera, e questo indispone le persone, le quali spesso vorrebbero delle risposte certe. Di solito c’è della tensione, e spesso le persone si arrabbiano”

Vicende simili sono ovviamente già successe, come con l’accoppiata di parole “familiare-famigliare” o “obiettivo-obbiettivo”, oppure con il noto e recente caso del neologismo “petaloso”. E questo ci dimostra, con un pizzico di preoccupazione, quanta spasmodica attenzione con un’inflessione alla tradizione ci sia oggi nei lettori italiani.

Concludendo, ovviamente parlare dei libri è possibile in ogni social network, dal web con i book-blogger fino a Youtube con i book-tuber. La prossima frontiera sarà Instagram, con l’avvento già iniziato e sempre più massiccio dell’hashtag bookstagram.

Piccola curiosità: l’Accademia della Crusca ha un profilo pubblico in quasi ogni social network, e chiama i propri follower “i seguitori” – che, per la cronaca, è italiano corretto.