Mario Monti: “Uscire dall’euro vuole dire favorire la casta”

 

Foto: Vincenzo Bevino
Foto: Vincenzo Bevino

È una folla di gente quella che ha accolto i protagonisti del panel La lunga notte dell’euro. Chi comanda per davvero in Europa. In primo luogo Alessandro Barbera e Stefano Feltri, giornalisti per La Stampa e Il Fatto Quotidiano ed autori del libro da cui è stato tratto il nome del panel, oltre ad Alexander Goerlach, direttore del The European. Ma era sicuramente l’ex presidente del consiglio e senatore a vita Mario Monti il protagonista, a pieno titolo uno degli ospiti più attesi di questa edizione del Ijf 2014. A moderare, Alessandra Galloni di Thomson Reuters.Un incontro pieno di spunti interessanti nel quale si è discusso dell’Europa di ieri, di oggi e di domani.

Dalla crisi dei titoli subprime fino alla Troika , dalla Bce al Parlamento; da Berlusconi alla passeggiata di Deauville di Merkel e Sarkozy, fino al racconto della notte decisiva per le sorti dell’euro, quella tra il 28 e il 29 giugno 2012. Sono tanti i temi trattati da Barbera e Feltri: “Il nostro intento era spiegare la crisi del vecchio continente, cercando di sollevare due domande fondamentali: l’Italia avrebbe dovuto richiedere il salvataggio del fondo monetario? L’Europa democratica ha ancora legittimità d’esistere?”. La crisi europea iniziata nel 2008 sembra arrivata a un punto di calma apparente, ma i cittadini conoscono cosa è successo in questi anni? E gli italiani hanno idea di quanto sia stato fondamentale il ruolo del loro paese nella tenuta dell’Unione? Non sono mancate dichiarazioni forti.

In un momento in cui i partiti populisti minacciano la tenuta della moneta unica, la risposta dei relatori è unanime: “Vogliamo tornare indietro alla piccola politica italiana? Usciamo dall’Euro. Ma ricordiamoci che i tempi in cui viviamo ci raccontano esattamente l’opposto: i mercati si ampliano, il mondo è globalizzato e interconnesso”, ricorda puntuale e con chiarezza Monti.

“È chiaro a tutti che c’è qualcosa che non va in Europa: l’Unione deve modificare alcune sue politiche e meccanismi e incentivarne di nuovi. Per me e Stefano lasciare non è la soluzione”  spiega Alessandro Barbera,  “quello che più colpisce degli ultimi anni è l’egemonia della Bce rispetto alla Commissione, il Parlamento e il Consiglio. Deve essere in qualche modo invertito l’ordine”, risponde Stefano Feltri.

Si ripercorrono veloci le tappe che hanno caratterizzato i momenti più bui della moneta unica, tra dicembre 2011 e giugno 2012: “La popolarità dell’Italia a fine anno era pari a zero. Numerosi testimonianze ci raccontano l’imbarazzo provato dai nostri rappresentanti nei giorni in cui tutti, a partire dal mercato internazionale, avevano scommesso sul default del sistema italiano e della conseguente adozione della Troika”, ricorda Barbera. Gallone ripercorre alcuni passi del libro mentre racconta dell’aneddoto nel quale Silvio Berlusconi, finito il colloquio con Merkel e Sarkozy, annunciò al allora ministro Tremonti: “Abbiamo risolto i nostri problemi: 60 miliardi verranno iniettati nelle casse dello Stato”, salvo poi subire la risposta rassegnata dell’alleato leghista: “Richiedere il prestito è un suicidio”.

L’attenzione cresce quando Mario Monti viene invitato a raccontare al pubblico la notte tra il 28 e il 29 giugno dell’anno successivo, quando l’Unione Europea arrivò a pochi centimetri dal fallimento. Quella sera viene ricordata ancora oggi con l’evocativo nome “la notte dei tre Mario”, riferimento ai rispettivi successi di Draghi, nominato presidente della Bce, Balotelli, autore di una doppietta in semifinale del titolo continentale contro la Germania, e appunto dell’ex primo ministro, che riusci a strappare un accordo sul controverso tema dello spread, sottoscritto da 28 paesi tra i quali la Germania.
“Le firme sono arrivate alle 4 di notte. Un consiglio lunghissimo del quale ricordo ogni particolare: si partì alle 17 discutendo prima del patto per la crescita, a mio avviso molto meno importante in quel momento. Poi alle 19.30 si annunciò la pausa per i comunicati stampa. Usai il diritto di veto ribadendo che bisognava trovare un accordo sulle misure di stabilità”. Il professore ricorda come sia stato fondamentale evitare il salvataggio da parte del Fondo Monetario: “Avrebbe comportato la fine dei poteri decisionali locali”. A queste parole fanno seguito Barbera e Feltri: “Parlare con alcuni politici greci ci ha fatto capire come la Troika abbia annullato ogni potere decisionale da parte dei singoli stati che ne hanno fatto richiesta”.

È una domanda provocatoria quella che la moderatrice pone a Alexander Goerlach: “Crede che la Germania volesse l’adozione del programma di salvataggio da parte dell’Italia per aumentare la sua egemonia?”. Ma il direttore di The European risponde deciso: “La situazione italiana non prometteva nulla di buono. I mercati quotavano il default tra il 30% e il 40% e il contingente inglese diede l’ordine a tutti i suoi istituti di controllare gli investimenti nelle banche spagnole e italiane. L’opinione pubblica tedesca oltretutto è da sempre stata sfiduciata riguardo ai popoli del sud Europa. Al netto di questo posso dire che quando si parla di rapporto tra Germania e gli altri paesi della zona euro il discorso è tutt’altro che semplice”.

Finito il primo giro di domande e accantonato il passato si arriva a parlare del presente e del futuro. “Nel vostro libro a un certo punto citate: ‘Per salvare l’Unione serve un nuovo chef che dia la ricetta giusta’. Prende la parola Alessandro Barbera: “Noi crediamo che la cinghia dell’austerità debba essere sciolta. È ora di concentrare tutti gli sforzi sui programmi di crescita: se l’Unione Europea è un puro meccanismo economico salta quel patto comunitario che era la base dal quale si cominciò”. Rincara la dose Feltri: “Tutto spinge verso mercati sempre più vasti. È notizia degli ultimi giorni la ricerca di un accordo tra Stati Uniti ed Europa per il libero scambio di mercato. Le stime prevederebbero un aumento di esportazioni pari a quelle che ora i paesi europei fanno con la Cina. Il mondo è cambiato e chi vuole tornare al puro meccanismo di politica nazionale non capisce la sfida che ci attende in futuro: quella del mercato occidentale contro quello orientale”.  Tutti i relatori  convergono su un punto: “È ora di conoscere la cultura europea, le sue politiche, i suoi meccanismi. Questa spinta a conoscere deve essere incentivata a tutti i cittadini e tutti gli organi – giornali, politici, istituzioni – devono collaborare a diffonderla. È giunto il momento di capire chi è Barroso, per intenderci, non solo concentrarci su Renzi”.

 

Foto: Vincenzo Bevino
Foto: Vincenzo Bevino

“Credo che lo chef giusto ci sia già, ed è donna – spiega Mario Monti, – gli stati membri sembrano avere un atteggiamento di servilismo nei confronti della Germania e di Angela Merkel. Discutono nei corridoi dei problemi, ma poi negli organi preposti tacciono. Dalla sua lo stato tedesco sta rinunciando, a mio parere, a essere il vero leader della rinascita europea: siano coraggiosi!”

“Abbiamo fatto male a ignorare per tanto tempo i pensieri dei populisti – prosegue Monti –  viviamo nell’era del semplicistico e del banale, ma alcune loro rivendicazioni sono giuste. Gli uomini di potere devono saper discernere le critiche prive di fondamento e manipolatorie da quelle sensate. Se i politici italiani potessero esprimere un desiderio vorrebbero uscire dall’Euro. Badate bene: il colpo letale alla casta non è stato inflitto dall’inchiesta Mani pulite ma dall’Europa e dal mercato unico”.

Andrea Mularoni
@AndreaMularoni