Neofascisti ed estrema destra ai tempi del Governo del Cambiamento

Fascismo è una parola del secolo scorso o un fenomeno vivo e vegeto tra di noi? Negli ultimi tempi di “governo del cambiamento” o “giallo-verde” che lo si chiami, di visioni post-ideologiche, “né di destra né di sinistra”, come dei fatti di Macerata, la domanda va posta. Ne hanno discusso, infatti, tre esperti di neofascismo ed estrema destra nella Sala Raffaello dell’Hotel Brufani per l’International Journalism Festival: Paolo Berizzi, Maddalena Gretel Cammelli e Leonardo Bianchi, che ha moderato l’incontro.

Il patto Lega-CasaPound del 2014

All’indomani poi dei fatti di Torre Maura, non è stato casuale partire proprio da lì: da Roma, con un aneddoto raccontato da Leonardo Bianchi, news editor per Vice ed autore del libro La Gente. Viaggio nell’Italia del risentimento. “Siamo nel luglio del 2014, di quasi cinque anni fa. A Roma, in centro, si tiene una manifestazione contro centri d’accoglienza e rom, organizzato da Casapound e vari comitati di quartiere periferici di Roma. Nulla di memorabile oltre il caldo, i manifestanti erano una o due centinaia”. La particolarità sta nella presenza di una figura politica importante, “l’eurodeputato dell’allora Lega Nord Mario Borghezio, che è da sempre storicamente il trait d’union tra la Lega e la fascisteria di tutta Europa. A un certo punto Borghezio, all’altezza dei fori imperiali, prende il megafono e improvvisa un comizio. Ci tengo a ricordare le parole di Borghezio, perché sono ancora attuali: ‘Questa è una manifestazione in difesa di Roma, è l’inizio della resistenza dei veri romani al degrado all’inciviltà al disordine alla criminalità e all’invasione, i cittadini di Roma questa invasione non la vogliono, noi puliremo Roma con il vostro appoggio: salviamo Roma, forza romani, in guerra fino alla vittoria, la pace è terminata, comincia la resistenza attiva”. La perplessità dei presenti locali, raccontata sempre da Bianchi – “Io so’ de Trastevere. Ma Borghezio famo parlà? Uno de’ Bolzano?” – di fronte a chi mesi e anni prima disprezzava Roma “ladrona” o il Sud italiano, non basta a spiegare le conseguenze di quei rapporti, passati attraverso diverse fasi, arrivati ai giorni d’oggi ad essere sempre più manifesti, grazie a pratiche, simboli e narrazioni condivise, tra il mondo neofascista e quello leghista.

Slogan fascisti al governo

Allora, come si sono articolati negli anni questi rapporti? Quali canali e quali attori hanno interessato? L’esperienza vissuta dal giornalista di Repubblica Paolo Berizzi, oggi costretto a vivere sotto scorta dopo intimidazioni ricevute in seguito a sue inchieste sul mondo neofascista italiano, è sicuramente di aiuto nella comprensione dei fatti. Berizzi è arrivato ad occuparsi di questo tema dagli studi sulle curve degli stadi: “Oggi siamo in un’epoca in cui gli ultras, i capi ultras, sono stati elevati al rango di maestri del pensiero. Ci sono autorevoli politici che dicono che quella è la parte migliore del tifo, del calcio, che è tutta gente appassionata e piena di valori. Poi magari viene scattata qualche fotografia un po’ imbarazzante con qualcuno che di valori non ne ha moltissimi, che sono quelli del narcotraffico o di sfondare dei bulbi oculari a degli avversari di tifo. è accaduto anche questo in Italia. E dall’altra parte del capo ultras, sottobraccio, c’era il Ministro degli Interni”.

La connessione tra le curve e l’estrema destra, racconta Berizzi, era ed è conclamata: striscioni e simboli esibiti negli stadi, anche contro lo stesso giornalista, lo testimoniano, nei caratteri e nelle sigle usate come firma. Nelle sue inchieste, Berizzi ha scoperto che alcuni gruppi ultras sono emanazioni dirette di movimenti e partiti politici come Casapound e Forza Nuova, come di Veneto Fronte Skinhead, Comunità Militante dei Dodici Raggi di Varese (che si definiscono nazionalsocialisti). Ad oggi queste rimangono formazioni con poco seguito elettorale: sono quindi sintomo di una affermata fine del fascismo, sono irrilevanti? “Io non solo dissento con forza da questa tesi – risponde Berizzi – ma penso l’esatto contrario: penso che il fascismo non solo non è morto, ma è tornato, è tornato di moda, sotto nuove spoglie, nuove forme”.

Scoprire queste nuove forme rimane ancora un lavoro difficile, per via delle molte e confuse formazioni vicine al campo dell’estrema destra, ma allo stesso tempo necessario e talvolta sono più palesi di quanto sembri: “Lo slogan ‘Prima gli Italiani’ non è un invenzione di Matteo Salvini, a scanso di equivoci: era lo slogan di Casapound, quindi era uno slogan dei ‘fascisti del terzo millennio’, come loro amano definirsi. Le Lega ‘scippa’ questo slogan a Casapound. Lo fa proprio quel signore di cui parlavamo prima: Mario Borghezio”. Berizzi avverte il pubblico di non sottovalutare Borghezio: “non un personaggio dei fumetti, ma una persona estremamente scaltra, furba, determinata, a cui Salvini dà un incarico: vai dai fascisti, fai un patto”. Patto che si concretizza a livello elettorale nel 2014, seppur di poca fortuna: in compenso in dote ha portato lo slogan, non solo alla Lega, ma a tutto il governo, sottolinea Berizzi. Non uno scippo vero e proprio però, a quanto racconta ancora il giornalista di Repubblica: da quel momento fino alle ultime elezioni, il partito di Salvini è riuscito a farsi perdonare, ad esempio candidando in liste leghiste nomi e cognomi vicini alla galassia di CasaPound, o con i continui post sui social network che rimandano a quel mondo valoriale “Molti nemici, molto onore”, “Io non mollo”, “Me ne frego” e simili.

Si può allora parlare di Fascioleghismo? Berizzi ha le idee chiare: “Il Fascioleghismo è quella roba lì, la saldatura tra un partito ex autonomista, ex territoriale, ex federalista che voleva staccarsi dallo stato centrale e dei gruppi fascisti”.

CasaPound da un punto di vista antropologico

Se la miccia dell’esplosione di questi argomenti nel recinto del mainstream è stata dunque corta e caratterizzata da questi attori, o “mandanti politici” – come li ha definiti Berizzi -, la questione di interesse diventa allora come è stato possibile, quali mezzi culturali e comunicativi hanno fatto da leva alla diffusione oggi di parole d’ordine e credenze fasciste. Delle risposte si trovano nell’intervento dell’antropologa Maddalena Gretel Cammelli, autrice dello studio di dottorato (tra il 2010 e il 2014) poi divenuto un libro dal titolo “Fascisti del Terzo Millennio. Per un’antropologia di Casapound”. La ricerca etnografica è avvenuta sul campo, a Roma, incontrando militanti vicini all’allora movimento politico, oggi partito, di CasaPound. Chi è, chi diventa fascista e perché? Dalle risposte dei militanti, il fascismo appare come “uno stile di vita”, da una definizione di uno dei militanti in una posizione di rilievo. Più che per interesse verso il programma politico delle formazioni fasciste, quindi, dice Maddalena riprendendo le parole dell’intervista, chi diventa fascista lo fa perchè ” è un modo di vivere la vita, che riesce ad essere allo stesso tempo severo e scanzonato, marziale e goliardico, che è comunitario, ma alle volte per certi versi persino libertario”, dice la Cammelli, leggendo un estratto dell’intervista. In quel pezzo, il militante dà uno spunto interessante sul rapporto tra fascisti e la morte: “In questo bellissimo libro di Giano Accame “La morte dei fascisti”, viene descritto il rapporto dei fascisti con la morte, soprattutto la loro, come tutta una serie di fascisti affrontano la morte e c’è costantemente questa idea di andare a morire con il sorriso, che non è uno slogan: è qualcosa che la maggior parte delle camicie nere fa, cioè dona se stesso. Non che il fascismo è l’unica dottrina che prevede il sacrificio dei militanti fino alla morte, però è l’unica dottrina che lo fa con il sorriso”.

Come affrontare il problema

L’ultima questione affrontata nel panel è allora stata: come affrontare il discorso fascista? Oggetto sono state le responsabilità dei media e del racconto giornalistico. Entrambi gli ospiti escludono l’opzione di non trattare questi temi: la cultura fascista è viva e deve essere nota. Allora come? Non limitarsi ad esempio a trattare le notizie inerenti la cultura fascista solo quando questa è rappresentata da eventi eclatanti, per non correre il rischio di stigmatizzare solo moralmente o rendere mostri da prima pagina i militanti fascisti per un giorno, come spiegato dalla Cammelli.

Soprattutto, come indicato da Berizzi, è oggi più di ieri necessario scavare a fondo nelle pieghe del fenomeno e raccontare i dettagli di come queste idee hanno avuto nel corso del tempo sempre maggiore agibilità politica, non fare sconti. Allo stesso tempo, come suggerito dall’antropologa, riuscire a ragionare sulle cause storiche e sulla stessa natura della cultura europea, dove il fenomeno del fascismo ha trovato posto. Maddalena Gretel Cammelli ha così poi concluso: “Cosa fare? Andare a fondo, un po’ come diceva Paolo: davanti a un pensiero che non attribuisce valore alla coerenza logica e razionale, che è la caratteristica principale dell’ideologica fascista, bisogna ridare valore alla logica e alla ragione, che vuol dire rimettere al centro la consecutio temporum e la logica del rapporto tra i mezzi e i fini nell’azione politica e nei discorsi. La violenza entra in gioco proprio lì, dove non c’è più un rapporto coerente tra mezzi e fini. L’unica risposta è, secondo me, avere una pluralità di risposte”.