Per non crollare negli ascolti, l’informazione tv deve essere social

Foto di Francesco Ascanio Pepe

Le serie tv fanno tendenza, specie se commentate via social. Ma l’informazione sulla tv generalista perde ascolti. Così gli autori sono costretti a trovare strategie per attirare un pubblico sempre più innamorato dell’interazione nelle reti sociali e sempre meno disposto a limitarsi al ruolo di spettatore passivo. La parola partecipazione diventa allora la chiave per creare nuovi format. Non basta più la sola attenzione ai contenuti. Se ne è parlato venerdì 17 aprile al Palazzo Sorbello, durante l’evento Social TV, la tv che si partecipa. Sull’argomento si sono confrontati Lella Mazzoli (direttrice dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino), Ilaria Nicosia (FremantleMedia Italia) e Alberto Puoti (autore della trasmissione di Rai2 Virus), moderati – e intervistati – da Giampaolo Colletti (giornalista e storyteller).

“Che cosa accade al consumo televisivo tradizionale che vira al digitale?” è stata la domanda di apertura. “Nei talk show italiani da me osservati la social tv era appannaggio di Ballarò”, ha risposto Lella Mazzoli. All’interno del programma si monitoravano gli interventi degli utenti sui social network. Ma allo stesso tempo, Ballarò “non aveva un pubblico particolarmente significativo e l’interazione era limitata – ha proseguito Mazzoli – Ho ritenuto che quella non fosse social tv”. I tempi di un possibile declino della televisione generalista non sono ancora arrivati, ma i dati non sono rosei. In 5 anni i cittadini che si informano attraverso questo mezzo sono passati dal 92% all’88%. La fruizione via web è invece cresciuta, dal 51% al 73%. “Usiamo più media in contemporanea – ha spiegato la direttrice dell’Ifg – Abbiamo un nostro palinsesto, un patchwork fatto da tanti pezzetti che non sono più quelli che arrivano dall’alto. Altro elemento: facciamo tutto questo in movimento”. I dati sull’audience dell’informazione tv sono contenuti in uno studio che sarà presentato la settimana prossima durante il Festival del giornalismo culturale a Urbino e Fano. “C’è bisogno di un linguaggio ‘altro’, di grammatiche differenti”, ha esortato Mazzoli.

Con le interazioni nelle reti sociali, al processo produttivo classico del format tv si aggiungono nuovi livelli di racconto, come lo svolgimento delle fasi di televoto. Ilaria Nicosia ha riportato la sua esperienza dietro le quinte di X Factor, nella sezione che si occupa di integrazione con il digitale. Della trasmissione “il pubblico vede 12 o 13 puntate – ha spiegato Nicosia – ma la ‘macchina’ parte a gennaio per fermarsi a fine dicembre”. Il team che nel talent si occupa di digitale è composto da quattro componenti fissi. Un gruppo in “costante comunicazione” con gli autori, con la produzione e con gli addetti al marketing e all’ufficio stampa. Fare social tv, secondo Nicosia, vuol dire pensare a un prodotto televisivo che nasca come prodotto digitale nonostante venga trasmesso attraverso il mezzo tradizionale. Nel caso del talent di Sky, si parla di un format “per sua natura sociale”, basato su votazione e partecipazione. A telecamere spente, il dialogo tra gli spettatori prosegue: X Factor comunica attraverso le reti sociali e il sito. La community di utenti è sempre attiva, come nel caso del cantante Lorenzo Fragola, vincitore dell’ultima edizione del programma e seguito dai fan del format anche durante la sua partecipazione al Festival di Sanremo. “Avete mai pensato di cannibalizzare il pubblico tv di Sky?”, ha domandato Giampaolo Colletti. “Bisogna trovare un punto di incontro a metà strada”, ha risposto Nicosia.

A Virus, programma condotto da Nicola Porro, ogni settimana si fanno prove di unione tra vecchi e nuovi media, in un periodo non particolarmente fortunato per i talk, audience parlando. “Quest’anno abbiamo apportato cambiamenti al racconto televisivo”, ha detto Alberto Puoti, riferendosi all’introduzione di metodi di social tv. Qualche esperimento è stato portato avanti utilizzando Periscope, l’app per fare dirette con dispositivi mobili. In altri casi, un tweet di un utente in merito a una tematica potrebbe servire per introdurre il servizio successivo dedicato proprio a quell’argomento. Per comunicare con la Rete, all’interno di Virus sono stati pensati altri due momenti. La rubrica Social room è condotta da Greta Mauro. La affianca un analista e studioso di Big Data, cioè dei grandi database online consultabili e dai quali estrarre informazioni utili. In un altro momento, nel programma si fa il fact checking.

L’abbondanza di strumenti di comunicazione istantanea non può non cambiare l’insieme delle competenze richieste a un giornalista praticante. Oggi “devi dare le informazioni in modo più veloce, tenendo conto delle nuove esigenze” è la riflessione di Lella Mazzoli. E il cronista deve essere capace di lavorare in contemporanea con più strumenti. Cosa su cui sta puntando la Scuola di giornalismo di Urbino, dove la redazione ogni settimana lavora in contemporanea con tre tipologie di linguaggi. La scelta è tra il giornale on-line, la radio, la tv e il giornale cartaceo. Secondo Ilaria Nicosia, le generazioni più giovani, probabilmente, non si pongono più il problema di come fruire dell’informazione e con quale mezzo farlo. Si tratta di “una cosa straordinaria che sta accadendo in questo momento”.