Public service is all about politic

Foto: Diego Figone

Riuscire a creare un sistema di informazione indipendente nei paesi dell’Europa centrale e sud orientale è un obiettivo tanto nobile quanto difficile. La lotta per la libertà di espressione, contro le oppressioni politiche è una battaglia colma di sfide. Eva Ciuk (Rai3) lo mette subito in chiaro all’apertura del panel “Il ruolo e il futuro del servizio pubblico nei paesi dell’Europa dell’est”.

Si batte da tempo, per questo, l’European Broadcasting Union (EBU), come racconta la responsabile Radka Betcheva. L’EBU segue un programma di partnership per aiutare i paesi del Caucaso, dell’Europa dell’est e del Mediterraneo nel promuovere un servizio di informazione pubblico e libero. EBU nel 2012 ha adottato sei valori chiave e linee guida del proprio lavoro che si basano su imparzialità, indipendenza, equità, rispetto e responsabilità. Le sfide che devono affrontare sono molteplici. Innanzitutto la naturale e ovvia differenza di livelli di sviluppo del servizio pubblico dei vari paesi soci. Per alcuni il compito è più lungo e complesso perché devono attuare una transizione da un sistema statale a uno che mette al centro il cittadino e i suoi interessi.

Tra le altre sfide, quella legale occupa una posizione importante perché la necessità di un quadro normativo definito è sempre più impellente. Anche l’indipendenza istituzionale è un grande obiettivo, perché è difficile mantenere indipendenza editoriale dal potere politico ed economico.
Inoltre, giugno 2015 è il termine ultimo per lo switch al digitale e non tutti i paesi (come ad esempio Albania e Montenegro) hanno i fondi per rispettare il passaggio entro i termini. Questo crea altre due barriere nella creazione della libera e indipendente informazione: quella tecnologica e quella finanziaria.
Coinvolgere il pubblico più giovane, infine, è una grande sfida sia per le democrazie emergenti che per quelle mature. Un punto fondamentale dell’EBU è l’ innovazione: di programmazione, di modi e di intenti. E innovazione è la qualità necessaria per creare, reinventarsi e acquisire nuovo pubblico.

L’impresa è senza dubbio difficile, ma per questo esistono associazioni come la South East Europe Media Organisation (SEEMO): un’organizzazione non governativa che si occupa di affiancare e monitorare i giornalisti nella loro attività quotidiana.
Oliver Vujovic, segretario generale della SEEMO, è consapevole che il problema principale del servizio pubblico è finanziario: non dispongono di fondi sufficienti e, soprattutto, garantiti. La grande competizione con il servizio statale rende incerto il ruolo che quello pubblico svolgerà in futuro, anche per i gravi problemi di indipendenza editoriale dovuti alle continue pressioni esercitate dal potere politico.
Tutto questo porta a una serie di problematiche che la SEEMO sta cercando, giorno dopo giorno, di arginare: mancanza di giornalisti, scarso valore che viene dato al servizio pubblico e, soprattutto, autocensura all’interno dello stesso.

Esempio concreto di tutto questo è il caso del Kosovo, che sta passando un periodo estremamente critico. Mentor Shala, presidente di RTK ( la rete pubblica radiotelevisiva del Kosovo), racconta di giornalisti politicamente manipolati e di una grande censura. RTK, nata con l’aiuto e l’appoggio di EBU, ha lavorato per 13 anni con un solo canale televisivo e due radio. Con il tempo ne hanno aperti altri tre e sono riusciti a convincere i colleghi serbi a lavorare con loro, dando vita ad un esempio di integrazione e collaborazione tra serbi e società kosovara. In Kosovo l’informazione è necessaria, la situazione politica è molto incerta e la gente vuole e deve sapere. Per questo, nonostante la pressione politica sia molto forte, i partiti dell’opposizione interferiscano con le linee editoriali e il partito al potere non dia i fondi e alcuni fondatori del servizio pubblico siano alleati dei partiti e abbiano reso alcuni membri del RTK pedine del gioco politico facili da controllare, il servizio pubblico continua a lottare per arginare censura e corruzione, per evitare che le linee editoriali siano controllate dalla politica, quando invece dovrebbero essere in mano ai giornalisti. “Se i politici diventano i custodi del giornalismo e delle politiche editoriali, cosa succederà?” è il drammatico appello di Oliver Vujovic.

La situazione è estremamente delicata perché il Kosovo sta ancora cercando di costruire una propria identità, come ricorda Claudio Cappon, che è stato vicepresidente della EBU dal 2009 al 2014, l’Europa sudorientale è ricca di diversità. Inoltre, il mondo ex comunista ha dovuto passare velocemente da una realtà a una completamente diversa: da comunista a capitalista.
Queste complessità sociali, storiche e politiche influenzano anche la questione finanziaria, insita e propria del concetto di servizio pubblico.

In questa situazione di ristrettezza della libertà di espressione quali possono essere i contributi che associazioni come EBU possono dare? Secondo Cappon, innanzitutto, l’aiuto e contributo più grande che si può dare è il sentimento di appartenenza a una grande comunità professionale di colleghi. La cooperazione tra professionisti è di fondamentale importanza.

Le alleanze non devono far paura, sia tra reti pubbliche e reti private, sia collaborazioni regionali, tra paese e paese. Manca completamente la comunicazione culturale e la cooperazione cittadina.

La qualità dell’informazione costa, ma è necessaria. Non solo per una questione puramente informativa, ma anche per creare coesione sociale tra i cittadini, creare un sentimento comune, corale di appartenenza a un mondo e una civiltà in continuo mutamento e crescita. Far emergere il sostrato culturale comune del passato attraverso l’informazione del presente per una comunità futura.