I titoli dei giornali dimostrano che l’Unione Europea sta vivendo tempi duri. Negli ultimi anni sono cresciuti i cd euroscettici e in diversi paesi membri i partiti antieuropeisti hanno visto aumentare i loro consensi. Ma i cinque speaker del panel “Unione Europea, mobilitarsi o gettare la spugna?”, tenutosi al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia credono nel progetto Ue e nella possibilità di invertire la tendenza negativa veicolata dai mezzi informativi.
Raffaella De Marte cura le comunicazioni con i media per il Parlamento europeo. Tra gli appuntamenti in agenda spicca la campagna per le prossime elezioni 2019. Spiega come l’obiettivo sia quello di attirare l’attenzione del maggior numero possibile di cittadini, perché “l’Europa siamo tutti noi”. La domanda da porsi è quindi cosa fare per rendere l’imminente appuntamento elettorale un’occasione di riflessione e partecipazione. “Vale la pena andare a votare per le elezioni europee”, afferma, e forse il prossimo anno ancora di più perché la strada che il Parlamento ha deciso di intraprendere porta fuori dagli schemi tradizionali. Questa scelta si è basata non solo sul contesto politico attuale, che vede la stabilità europea in discussione, ma anche sulla voglia di trovare nuovi metodi che siano in grado di dotare le istituzioni e i politici di maggiore credibilità e superare così la mancanza di fiducia dei cittadini. Nel predisporre una campagna elettorale oggi non va tralasciata la componente emozionale. L’obiettivo per il 2019 è connettere quei cittadini che hanno voglia di esprimersi a sostegno dell’Unione, nonché coinvolgerne altri. Mostrando la foto di una squadra di canottaggio, la De Marte pone l’attenzione sull’importanza di fare squadra, per rendere il dibattito sempre più inclusivo e costruttivo. A tale fine un’istituzione europea non può mai dimenticarsi del ruolo pur sempre preminente giocato dalle dimensioni nazionali e locali. Una campagna efficace oggi è una “campagna decentralizzata”, capace di riportare i temi cari all’Ue dove appartengono, cioè al territorio. Spingere tutti ad attivarsi non è mai facile e le passate elezioni europee l’hanno dimostrato: nel 2014 la percentuale degli astenuti era del 37%. De Marte conclude il suo intervento rinnovando l’appuntamento del voto, previsto per l’Italia il 26 maggio del prossimo anno, e auspica che in questi medi i media seguano al meglio la campagna.
La parola passa a Alberto Alemanno, docente dell’Ecole des hautes etudes commerciales Paris che nel corso della sua carriera accademica ha pubblicato diversi volumi sull’Ue, tra cui l’ultimo “Lobbying for change”. Vuole iniziare rivolgendo una domanda al pubblico: “Chi è preoccupato per l’Unione europea?”. Molte mani si alzano. “E chi si sta attivando?”. Stavolta molte meno mani alzate. Il suo lavoro mira proprio a cambiare quest’ultima risposta, a “trasformare la passione per l’Ue dei cittadini in azione”. Per Alemanno l’Europa non è solo un insieme di istituzioni, ma anche uno spazio che permette a chiunque di moltiplicare le proprie opportunità lavorative e sociali per 28 (ora 27). Il problema principale è il deficit democratico delle istituzioni europee, che vengono percepite come lontane. In realtà, precisa Alemanno, le opportunità di dialogo con questa realtà sovranazionale non mancano. Un funzionario europeo è tenuto a rispondere a una mail che gli venga spedita dai cittadini entro quindici giorni: “vi sfido a trovare un’analoga amministrazione pubblica che risponda in questi termini”. Alla domanda a chi tocca parlare di questi temi, risponde: “Noi in questa sala siamo l’Europa, quindi parlarne tocca proprio a noi”.
Ma qual è nel dettaglio la situazione degli stati membri oggi? Eva Giovannini, giornalista RAI e autrice del libro “Europa anno 0. Il ritorno dei nazionalismi”, sottolinea due modi sbagliati di reagire alle correnti antieuropeiste, modi che non fanno altro che alimentare tali idee. La prima opzione, la più ovvia, è quella di aderirvi. La seconda è quella di ignorarle, ma “i pericoli se sottovalutati prendono il sopravvento”.
La Giovannini prosegue il suo intervento con una rapida carrellata dei panorami politici nazionali europei. Per quanto riguarda la Francia, ricorda come l’elezione di Macron sia stata definita dalla stampa europea una battuta d’arresto per i populisti. Analizzando le percentuali del voto, in realtà, Macron deve la sua vittoria al sistema elettorale francese. Al primo turno, infatti, aveva preso solo il 23%, non lontano dalle forze populiste avversarie che “gli stavano alle calcagna”.
Giovannini conclude invitando i suoi colleghi giornalisti ad “usare parole di verità e meno allarmismo”, specie su temi come l’immigrazione che vanno a influenzare l’opinione dei cittadini sull’Unione. “La brevità a cui tutti oggi siamo chiamati nella comunicazione, anche con gli smartphone, aiuta i populismi: basta un tweet!”. Contrastare questa corrente per la giornalista RAI è possibile: basta metterci ogni giorno impegno e passione nel proprio lavoro.
La responsabilità dei media, quindi, non è assolutamente da mettere in secondo piano. A questo proposito Luca Misculin, che si occupa di Europa e immigrazione per Il Post, riporta un recente episodio poco professionale della stampa italiana. Lo scorso 7 marzo uno dei telegiornali più seguiti nel nostro paese ha aperto la sua edizione serale parlando di una conferenza stampa tenuta da due commissari della Commissione Europea. Il tema era la situazione economica nei paesi membri. Nel servizio viene “forzata la lettura” e viene passata l’idea che i commissari abbiano speso brutte parole sull’Italia. In realtà, spiega Misculin, a quella conferenza stampa della situazione italiana si è parlato ben poco. Questo perché per i grandi media italiani “l’Europa è ancora vista come la cattiva maestra”. Lo dimostra proprio il lessico usato dai giornalisti: l’Europa è quella che “dà i compiti a casa”, “che bacchetta l’Italia”, “che boccia i piani”. Misculin definisce questo atteggiamento come “una narrazione pigra” e l’Unione, purtroppo, in questo è un bersaglio facile. Raccontare l’Europa in maniera diversa è possibile: innanzitutto, insiste Misculin, bisogna invertire questa narrazione per poi concentrarsi sui personaggi, sulle storie. Bisogna andare in profondità, senza cadere nell’errore di “ridurre tutto a uno scontro di dichiarazioni”. L’appuntamento elettorale del 2019 può essere anche un banco di prova da sfruttare in tal senso.
Raffaella De Marte, passando la parola a David Sassoli, si chiede: “la salviamo questa Europa o gettiamo la spugna?”. Il vicepresidente del Parlamento europeo sottolinea a sua volta come la campagna del prossimo anno sarà una sfida molto difficile, per cui è necessario prepararsi al meglio. “Nelle battaglie”, spiega, “bisogna sempre avere un elemento di sincerità”. Per Sassoli l’europeismo è una “cornice” di istituzioni, di paesi e del ruolo che questi hanno nelle loro relazione al di fuori dell’Unione. “Questa cornice va riempita di contenuti”. Tornando sul tema del deficit democratico già sollevato da Alemanno, Sassoli auspica che a livello di comunicazione le prossime elezioni siano una “battaglia sulla qualità della democrazia europea”.
Per rafforza la cornice dell’europeismo, spiega, c’è bisogno di partiti che scommettano sempre più sulla governance democratica dell’Europa. Per garantire un futuro all’Unione, conclude, è necessario sensibilizzare le opinioni pubbliche e attrezzare i cittadini per farli entrare nella discussione. [46min50]
La De Marte definisce quello del vicepresidente Sassoli “un appello appassionato”. La passione per l’idea di Europa si percepisce anche tra il pubblico in sala, che interviene esprimendo una volontà comune: quella di un Europa più forte.