“Sulla questione drammatica dei rifugiati c’è necessità di creare un dibattito che parta dai fatti, a prescindere da quale sia la posizione di chi ascolta”. Così Andrea Menapaci, direttore della Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD) ha aperto il panel discussion dal titolo “La crisi dei rifugiati: in che modo la televisione può contribuire a comprenderla meglio?”, svoltosi nel pomeriggio di sabato nella Sala dei Notari. Da questa stessa idea, non a caso, nasce Open Migration, la nuova piattaforma informativa che CILD ha lanciato per contribuire con i dati alla comprensione dei fenomeni migratori. “Un’esperienza di storytelling – specifica Menapaci – che viene dalla dialettica tra dati concreti e racconti personali”.
Se è vero che l’esattezza dei dati diffusi è una condizione imprescindibile, è altrettanto vero che i numeri non bastano per comprendere una situazione drammatica come quella dei rifugiati. Per Francesca Paci, giornalista della Stampa, “i dati raccontano solo una parte della verità e, per di più, possono essere imprevedibili”. Non bisogna dimenticare, infatti, che dietro i dati ci sono le persone. Con le loro storie, di sofferenza o di speranza. Ed è questa la sfida più grande a cui è chiamato il mondo dell’informazione: raccontare la crisi dei rifugiati offrendo spunti di comprensione, senza dare adito a inesattezze o pregiudizi.
“A Piazza Pulita – racconta Corrado Formigli – abbiamo deciso di rendere centrale questo tema, indagandone le cause con l’intento di contrastare la paura che questa presunta ‘invasione’ sta provocando”. Per noi si tratta di una questione permanente – precisa Formigli – che non deve interessarci solo quando ce la ritroviamo sul pianerottolo di casa perché quello che succede fuori dal nostro territorio ci riguarda ugualmente”.
Lo stesso orizzonte internazionale adottato da anni da Al Jazeera English, come racconta Barbara Serra, giornalista e conduttrice di punta dell’emittente. “Per affrontare queste tematiche in maniera completa – ammette Serra – ci vorrebbero davvero tante risorse, ma come giornalisti dobbiamo continuare a seguire cosa succede, andando oltre la demonizzazione del mondo islamico ormai diffusa”.
Ma fino a che punto l’informazione può spingersi nel raccontare le storie dei rifugiati, senza oltrepassare i limiti della deontologia? Per Corrado Formigli “non bisogna fare la scelta indecente dell’allarmismo, anche se porta più audience. Allo stesso tempo è importante raccontare questo tema senza sconti, anche attraverso le immagini”. Inevitabile il riferimento alla foto del piccolo Aylan Kurdi che avrebbe segnato, secondo Formigli, un vero e proprio punto di svolta “cambiando la storia e l’agenda politica europea. Certe immagini, pur nel loro dolore – conclude il conduttore di Piazza Pulita – sono funzionali al nostro lavoro di giornalisti e servono a formare la coscienza di chi guarda”.