RegeniLeaks, una piattaforma al servizio della ricerca di verità

Hacking e giornalismo: è questo il nuovo connubio che caratterizza il mondo dell’informazione grazie all’avvento delle piattaforme di whistleblowing come strumento di indagine nel giornalismo investigativo.

Raccogliere notizie e fare chiarezza sui temi delle grandi inchieste, rompere il muro dell’omertà, dei depistaggi. E’ per questo che sono nate piattaforme come ELeaks, presentata in occasione del panel “RegeniLeaks: giornalisti e hacker insieme in nome dell’interesse pubblico”.

Il giornalista Lirio Abbate, caporedattore del settore inchieste de L’Espresso, Marco Pratellesi, condirettore dell’AGI ed ex capo-redattore a L’Espresso, Brahim Maarad, collaboratore della testata sul caso Regeni e Raffaele Angius, media innovation advisor e studente del Master di Giornalismo dell’Università di Torino, hanno cercato di raccontare gli effetti e l’utilità di quello che può essere considerato un primo esperimento italiano utile a portare il whistleblowing nelle redazioni dei giornali nazionali.

“Il problema del whistleblowing è che si tratta di un termine prettamente inglese, però appartiene a una concezione che in altri paesi non è diffusa”, preannuncia Raffaele Angius, coordinatore di RegeniLeaks. In linea di massima, la parola whistleblower letteralmente significa “soffiatore di fischietto”, ed è uno strumento legale già collaudato da qualche anno soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

“Il whistleblower spesso viene visto come una figura apicale, che rilascia delle informazioni, le strumentalizza – specifica Raffaele Angius, che continua – però è stato utilizzato con una concezione diversa nella piattaforma realizzata con L’Espresso, RegeniLeaks, in cui cercavamo di avere informazioni dalla base, non rivolgendoci ai grandi apparati di sicurezza, ma a chiunque potesse sapere qualcosa”.

Nello specifico la piattaforma protetta ELeaks è nata proprio per questo: raccogliere testimonianze di whistleblower sulle torture e le violazioni dei diritti umani e chiedere giustizia sia per Giulio Regeni che per tutti i giovani studenti egiziani che ogni giorno spariscono e di cui non si sa più nulla. Una violazione dei diritti umani denunciata anche dal Parlamento europeo di Strasburgo il 10 marzo 2016. L’obiettivo, quindi, è stato quello di fare sinergia e coinvolgere i cittadini egiziani nella denuncia di una situazione che danneggia tutti.

“Per farlo – continua il giornalista – abbiamo dovuto ragionare su altissimi livelli di sicurezza, essendo l’Egitto un paese molto controllato, soprattutto la rete internet”. Per questo la piattaforma utilizza il software Globaleaks che è in grado di garantire l’anonimato e la sicurezza delle fonti.

“Con il metodo utilizzato – spiega Angius – nessuno è in grado di risalire alla fonte e il nostro scopo è stato quello di creare un canale di comunicazione pubblicizzando la piattaforma in arabo, grazie al contributo di Brahim Maarad”.

Una piattaforma semplice e intuitiva, con la quale creare un contatto tra la fonte/informatore e il giornalista. Dopo la compilazione di un questionario, si accede a un altro lato della piattaforma nel quale l’informatore può caricare dati, documenti. La verifica dell’informazione avviene perché in essa si crea una finestrella nella quale, ricevute le informazioni, è possibile contestualizzarle comunicando con la fonte. L’informatore riceve un codice, simile a quello di una carta di credito, cosicché possa essere nascosto tra i propri appunti, senza sembrare una password e, attraverso questo codice, l’informatore stesso può scegliere se tornare sulla piattaforma e rispondere o meno alle domande di verifica del giornalista.

“Abbiamo accolto una esigenza – spiega Lirio Abbate – ovvero il bisogno delle popolazioni egiziane di raccontare di cose che sanno, ma che non trovano sfogo. Dare la possibilità, a chi non la ha, di inviarci documenti con la massima riservatezza che possiamo offrire loro. E così è stato”. ELeaks rappresenta una condotta nuova, sicura e diretta tra quei paesi e L’Espresso.

Grazie alla piattaforma sono arrivate importanti notizie, tanto da “ Trovarci a dover informare i magistrati italiani di documenti che avevamo ricevuto su cui ancora stanno indagando e su cui ci è stato chiesto di mantenere il segreto”, racconta Abbate.

Si è riusciti così a dare un importante impulso alla storia di Regeni, per fare luce su una vicenda di cui la testata si è occupata a lungo con copertine importanti ed editoriali: “Per noi un fatto sociale e morale, nell’anima e nelle corde de L’Espresso”, sottolinea Abbate. Una svolta nel modo di fare giornalismo in Italia, un passo avanti verso una cooperazione tra due mondi oggi interdipendenti: quello dell’informatica e dell’informazione.

“Se non riesci a essere aggiornato tutti i giorni, se non riesci a essere al passo con i tempi ed evolverti sei, dal punto di vista professionale, morto”. E’ questo che mette in evidenza Marco Pratellesi, spiegando la sua esperienza con la gestione della piattaforma che, nonostante ponga una serie di problemi etici e deontologici, affrontati alla luce delle nuove tecnologie, sono il cuore pulsante del giornalismo.

“Abbiamo una responsabilità sociale enorme – prosegue il condirettore dell’AGI – ma se non ci crediamo noi, non possiamo pretendere che lo facciano coloro che ci leggono. Questa è la lezione che dobbiamo imparare ogni giorno dal lavoro che facciamo, altrimenti tutto quello che facciamo perderà valore e vincerà la logica del video rimbalzato, copiato ed incollato senza nessuna capacità di spiegare e capire cosa è informazione e cosa non lo è”.

Tante le possibilità che piattaforme come RegeniLeaks possono offrire all’odierno giornalismo d’inchiesta, nella speranza che questa strada possa essere intrapresa anche da altre testate. Ma, conclude Abbate, “Per ora l’esperienza di RegeniLeaks finisce qui, ci fermiamo a ciò che abbiamo raccolto fino a ora perché ci sembra sufficiente, anzi buono”.