A partire dal 23 giugno 2016, anche in Italia il FOIA – Freedom of Information Act è finalmente diventato legge dello Stato. Il FOIA prevede per chiunque il libero accesso a tutti i dati e ai documenti detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni, nel rispetto di alcuni limiti indicati dalla legge. Dietro questo traguardo si ergono i grandi temi del diritto all’accesso all’informazione pubblica e della trasparenza della Pubblica Amministrazione.
La strada verso l’attuazione del decreto FOIA non è stata semplice ed è fatta di pressioni e battaglie in nome della verità, non sempre finite bene. Alcune di queste sono state raccontate da Ernesto Belisario e Guido Romeo, promotori di Foia4Italy, nel libro “Silenzi di Stato”, che è stato presentato durante l’omonimo panel in Sala del Dottorato, domenica 9 aprile.
Al tavolo degli speaker, Simone Spetia, conduttore e autore di Effetto giorno su Radio 24, ha moderato l’incontro con uno degli autori, Guido Romeo , cofondatore dell’associazione Diritto di Sapere.
Considerando che ci sono paesi dove il FOIA è legge da diversi anni – in Svezia dal 1766, in USA dal 1966, in Gran Bretagna dall’inizio degli anni 2000 – Spetia invita subito a una riflessione sul perché in Italia ci siamo arrivati così in ritardo.
Romeo sostiene che l’Italia si sia data questi strumenti “con molta calma”. Basti pensare che la prima legge sull’accesso agli atti – non sulla trasparenza, si noti bene – rimasta in vigore fino all’approvazione del FOIA è la legge 241/90. Una legge che ha imposto diversi paletti anche perché relativa a un’epoca totalmente analogica: non prevedeva richieste esplorative o controllo generalizzato dell’operato della PA, ma si limitava alla concessione di richieste per “interesse legittimo”, ovvero in merito a fatti o questioni in cui il richiedente era il diretto interessato. Il tutto appesantito da un’amministrazione che gestiva le richieste in maniera analogica, ovvero cartacea, ritardando enormemente i processi.
Spetia mette in evidenza come le storie raccontate in “Silenzi di Stato” mostrano come ci possiamo muovere oggi in termini di richiesta dei dati, documenti e informazioni. Ma illustrano anche le resistenze delle PA. Un monitoraggio in merito all’applicazione del FOIA realizzato da Romeo e Belisario a partire dalla data di approvazione della legge mostra alcuni dati non propriamente incoraggianti: di 800 richieste inviate, solo 136 hanno ricevuto una risposta soddisfacente, con un 73% di richiesta rimaste irrisolte.
Questo rende l’idea di quanto sia complesso fare entrare il concetto di trasparenza all’interno dell’amministrazione pubblica, specie in alcuni settori come, ad esempio, quello della scuola e delle graduatorie per il reclutamento dei docenti. In “Silenzi di Stato” viene raccontata una vicenda che riguarda proprio questo ambito ed è la storia di un docente di geografia, nonché giornalista, che si inserisce in graduatoria ma che nota alcune anomalie riguardo al punteggio di chi si trovava in posizione superiore alla sua. Decide così di effettuare richiesta dei titoli dei colleghi in graduatoria, ma viene rimandato diverse volte fino a ottenere una non-risposta: viene reinserito in una nuova graduatoria in cui gli insegnanti che prima gli stavano davanti erano spariti. Questo dimostra che “non c’è un controllo attivo sulla stesura delle graduatorie”, sostiene Romeo nel riportare al pubblico questa storia, riflettendo anche sul fatto che a questi docenti, spesso senza i titoli adeguati, viene affidata l’educazione di bambini e adolescenti.
Un altro tema che si inserisce nel dibattito è quello della qualità dei dati della Pubblica Amministrazione. Romeo afferma che la regionalizzazione delle amministrazioni pubbliche portata dalla riforma del Titolo V° della Costituzione sia stata “un disastro dal punto di vista della creazione dei dati, perché ogni regione va per i fatti suoi”. L’esperienza sul campo ha permesso a Romeo, durante le sue inchieste su sanità e ambiente, di constatare che ci sono regioni più virtuose e altre meno. Alcune regioni sono molto indietro ad esempio con il censimento dell’amianto o non hanno un registro dei tumori.
Come si fa una richiesta di accesso ai documenti?
La richiesta di dati, documenti e informazioni è un diritto. Romeo invita a non avere nessun timore nel presentare le richieste in quanto non è ammissibile nessuna censura da parte delle PA.
“Fare una richiesta è molto semplice”, continua sempre Romeo: basta citare l’articolo della legge, specificare la richiesta e identificarsi con la PEC (Posta Elettronica Certificata) , lo SPID (Sistema Pubblico d’Identità Digitale) o allegando la propria carta d’identità. Non è necessario fornire una motivazione e se si prevede che la risposta contenga dati sensibili, si chiede che questi dati siano cancellati.
Cosa posso e cosa non posso chiedere?
È possibile fare richiesta di qualsiasi dato, documento o informazione che riguardi la pubblica amministrazione, eccetto informazioni protette dal segreto di stato o che violano il diritto di privacy.
Inoltre non è possibile chiedere elaborazioni di dati o rapporti e, in caso di richieste di grandi quantità di documenti, Romeo consiglia di “smontare le richieste”, chiedendo pochi verbali per volta.
È anche possibile fare richiesta delle spese che riguardano le funzioni pubbliche di politici, amministratori, sindaci e governatori, tenendo conto che ci sono delle zone grigie su cui bisogna ancora lavorare di fronte al fatto che spesso questi personaggi lamentano una violazione della privacy. Ma, dice Romeo, le spese fatte “nel quadro dell’attività pubblica” che vengono quindi pagate con i soldi pubblici, sono – a prescindere dalle interpretazioni della legge – assolutamente passibili di richiesta. E, insieme a Spetia, sottolinea due carenze della legge basata sul FOIA: la prima riguarda la poca chiarezza in merito alla definizione del “perimetro della figura pubblica”, sia da parte del legislatore che di ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) . La seconda riguarda la mancanza di sanzioni per le PA in caso di non risposta.
Ma nonostante queste lacune, Romeo si dimostra soddisfatto del lavoro svolto fin’ora e afferma che “questa legge è un piede nella porta”, un buon punto da cui continuare ad avanzare proposte e modifiche volte al miglioramento della legge stessa. E conclude con un invito: “Sta a noi in quanto cittadini prima che giornalisti prenderci questi nuovi diritti ed esercitarli”.