Propaganda e Dio. È questo il binomio per comprendere l’Isis, il gruppo terroristico attivo in Siria e in Iraq dal 2004, che il 29 giugno 2014 si è autoproclamato “califfato”. Nella conferenza Isis, dentro l’esercito del terrore: tra social media e Dio, Fabio Chiusi, giornalista freelance, Eugenio Dacrema, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale e Marta Serafini, giornalista del Corriere della Sera, hanno spiegato l’utilizzo che fa l’organizzazione dei social network – in particolare Twitter – per autorappresentarsi e oltrepassare i media tradizionali per potersi raccontare con i propri termini e utilizzando i propri concetti. Ma l’Isis è davvero ciò che sembra?
Fabio Chiusi ha analizzato il rapporto tra la propaganda e l’uso dell’ultra violenza dell’allora neonato gruppo terroristico, prendendo un articolo del The Atlantic del 19 marzo scorso in cui veniva citata un passaggio di una lettera che l’allora numero due di Al Qaeda, Ayman Muḥammad Rabi al-Zawahiri, avrebbe scritto nel 2005 a Abu Musab al-Zarqawi, leader fondatore di Al Qaeda in Iraq: “Siamo in battaglia e più di metà di questa battaglia si gioca nel campo dei media”.
Nonostante il flusso di informazioni – spesso frammentate e non confermate – faccia gioco all’immagine del califfato, per Chiusi è responsabilità dei giornali decidere se pubblicare o meno queste notizie: se viene assecondato lo scontro di civiltà, si dà senso alla corsa alle armi e si fa il gioco dell’Isis; al contrario, se si vuole combattere la propaganda, bisogna utilizzare la contronarrazione, anche se per il giornalista tutti i tentativi fatti finora sono stati deboli perché “una testa mozzata è più perversamente attraente”, riferendosi ai video delle decapitazioni degli ostaggi. Per sconfiggere il movimento bisogna prima conoscerlo, comprendere cosa sta dietro, e uno degli strumenti più efficaci per Chiusi è lo studio dell’ideologia.
Anche Eugenio Dacrema ha posto l’accento sul rapporto tra terrorismo e media. Così come i media cambiano nel tempo, allo stesso modo cambia il modo di fare terrorismo, in particolare in termini di propaganda: si è passati dal volantino alla tv e negli ultimi anni ai social media, che oltre alla grande diffusione di informazioni e notizie, hanno la caratteristica dell’immediatezza. Per Dacrema sono due i punti di forza dell’Isis: il fatto che il califfato sia qui e ora (cioè la dimostrazione che nel proprio territorio si vive il vero islam) e l’espressione “Dio è con noi”, utilizzata come promessa di espansione. Uno degli obiettivi dello Stato islamico è infatti la cosiddetta “espansione continua”, che viene rafforzata dalla pubblicazione continua di cartine e mappe per far vedere la propria presenza nei territori già occupati.
Anche la donna ha un ruolo centrale nel califfato. Marta Serafini ha raccontato che spesso vengono reclutate ragazze di 15-16 anni, che partono verso Iraq e Siria per sostenere la causa dell’Isis. Alcune diventano mogli dei capi, altre schiave. In linea generale vengono utilizzate per fare propaganda con l’obiettivo specifico di portare nel califfato altre donne. Per fare questo, durante i messaggi indirizzati ai nemici, vengono camuffate da principesse guerriere: assomigliano alle eroine della Disney (in particolare a Mulan), spesso sono a bordo di limousine e imbracciano kalashnikov.