Tutti quei baci rubati, ai giovani e al giornalismo

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Epifania lo dice con orgoglio: “Io vengo da Palazzo Adriano, il paese in Sicilia dove Tornatore ha girato Nuovo Cinema Paradiso”. È la seconda volta che viene a Perugia come volontaria e, come l’anno scorso, lavora alla radio: “Nel 2013 avevo un po’ più di ansia, facevo le interviste importanti”.

In effetti, a vederla così piccola e pensare che ha intervistato Benedetta Tobagi, Riccardo Iacona, Gianni Riotta… fa pensare quanto coraggio debbano tirare fuori questi ragazzi, in confronto a tanti altri.

Epifania frequenta il primo anno di laurea a Palermo e lavora a un interessante progetto di giornalismo sociale che unisce in rete 24 paesi dei Monti Sicani. “I media si interessano alle mie parti solo per i morti ammazzati – spiega – così abbiamo deciso di raccontare tutto il resto, chi si dà da fare per cambiare le cose”. Il loro esperimento ha avuto fortuna: “Facciamo diecimila visite al giorno”. E ora pensano a costruire una webtv.

Alla stazione di Umbria Radio c’è anche Simone, 25 anni. Anche lui per la seconda volta al Festival. “Ho fatto radio già nel 2013. L’anno scorso facevo solo le interviste, quest’anno mi fanno condurre”, e sembra felice. Perché il sogno di Simone è proprio la radio: “Ci ho fatto anche uno stage non pagato”.

C’è Sara, che viene da Venezia, precisamente dal Lido. Anche lei è alla sua seconda volta a Perugia, anche lei l’anno scorso stava alla radio. “A Venezia partecipo anche alla radio Ca’ Foscari dell’università, e mi interesso di cinema”. Sara è pubblicista – come tanti dei volontari intervistati – e ha ottenuto il tesserino scrivendo per un mensile, ovviamente gratis, dopo un erasmus a Berlino. “Vorrei fare la giornalista o insegnare”, spiega.

Tre ragazzi pieni di speranze, bravi, simpatici. Tutti pubblicisti, con esperienze su carta, video e radio, che creano collettivi, blog e esperimenti di giornalismo sociale per raccontare realtà che sul mainstream non passano. Poi vengono qui, a Perugia, per imparare, mentre contribuiscono a costruire un evento di rilevanza mondiale. “Fino a che potrò il mio sogno non lo mollo, sono qui perché voglio imparare”, conclude Simone.

Poi, come sempre, mi raccontano che lavorano gratis, che fanno stage per due lire, che hanno paura del futuro. Epifania viene dal paesino del film ‘Nuovo Cinema Paradiso’, e allora mi tornano in mente le parole di Philippe Noiret in quella scena del film in cui dice al giovane Totò, che sta per emigrare:

“Vattene, questa è una terra malata. Fino a quando ci stai tutti i giorni ti senti al centro del mondo. Ti sembra che non cambia mai niente. Poi parti… un anno, due… e quando torni è cambiato tutto, si rompe il filo. Non trovi chi volevi trovare. Le tue cose non ci sono più. Bisogna andare via per molto tempo, per moltissimi anni, per trovare al ritorno la tua gente. La terra dove sei nato. Ma ora no, non è possibile. Vattene. Tu sei giovane, il mondo è tuo!”

Forse dovremo aspettare ancora anni, moltissimi anni, perché le cose cambino in Italia. Non solo nel giornalismo. E fra tanti anni ci riguarderemo indietro, vecchi ma non stanchi, e come alla fine della pellicola di Tornatore ci ritroveremo in un cinema per vedere le immagini tagliate di un film mai pubblicato: quello delle nostre giovani speranze negate, rinviate, attese così a lungo.

Magari ci ritroveremo, vecchi ma non stanchi, e rivedremo su youtube tutte le immagini tagliate di questo Festival del Giornalismo 2014. Delle nostre speranze e paure, delle nostre tasche vuote, tutti quei baci rubati mentre lavoravamo per dare vita a un festival che non doveva esserci e a cui tutti assieme abbiamo salvato la vita.

Salvando così anche le nostre, e il nostro futuro. Perché questi sono i nostri anni settanta, i nostri anni migliori, e se sta cambiando – stiamo cambiando – tutto e non ce ne rendiamo conto ora, è solo perché siamo troppo coinvolti. Perché questi tempi difficili le nostre vite se le prende per intero.

Dovranno passare ancora degli anni, moltissimi anni, ma un giorno riguarderemo tutto intero il film di questo nostro passato ora presente, e sapremo che molto è cambiato. Noi saremo cambiati, l’Italia, il giornalismo. E come nella scena finale del film di Tornatore ci farà commuovere scoprire che quel che sembrava perduto per sempre era diventata in realtà la storia della nostra vita, della nostra generazione. Capire per la prima volta che tutta questa sofferenza ed i problemi non sono stati vani. Che tutti quei baci rubati, alla fine, da qualche parte restano. Almeno una volta l’anno, per il resto delle nostre vite.

di Michele Azzu
(Foto: Roberto Baglivo)

3 thoughts on “Tutti quei baci rubati, ai giovani e al giornalismo

  1. Scusa Michele, domanda stupida: ma per diventare pubblicista non occorrono ben due anni continuativi e retribuiti (con addirittura un tetto di salario minimo)? Ho lavorato anni come collaboratore delle testate più varie, ma in quanto senza retribuzione o pagato troppo poco (un classico) non ho mai raggiunto il fantomatico tesserino. Considerato questo, mi lascia perplesso tu scriva “Sara è pubblicista – come tanti dei volontari intervistati – e ha ottenuto il tesserino scrivendo per un mensile, ovviamente gratis, dopo un erasmus a Berlino”. Fosse bastato questo, ne avrei anche due o tre ;) Intanto un grazie preventivo, e mi farebbe molto piacere sapere che abbaglio io mi sia preso!

  2. Pietro, il numero di articoli per diventare pubblicista varia da regione a regione, e per quanto riguarda i mensili basta un pezzo al mese :/

  3. Ha senz’altro ragione Pietro, va bene per il numero di articoli, ma gli articoli devono essere retribuiti, altrimenti niente. Quella parte dell’articolo ha lasciato molto perplessa anche me..

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