Da Wikileaks a Snowden: scegliere da che parte stare

“Se foste editor di un giornale e aveste una fonte con una storia grossa tra le mani, cosa fareste? Fornireste un supporto legale alla vostra fonte?” chiede John Goetz. Con questa domanda-esperimento, comincia il panel “Da Wikileaks a Snowden: le fonti nell’era della sorveglianza di massa”, al Teatro della Sapienza. La risposta del pubblico, per alzata di mano, è sorprendente: pochi proteggerebbero con un avvocato il proprio fornitore di notizie.

Al panel partecipano Sarah Harrison, stretta collaboratrice di Julian Assange, Stefania Maurizi, giornalista de L’Espresso (unico giornale italiano che s’interessò alla vicenda), John Goetz, giornalista investigativo, e Davide Dormino, lo scultore che ha realizzato Anything to say? – la scultura-manifesto di tutto il Festival, che al momento domina piazza 4 novembre.

Nel 2013, quando Edward Snowden, informatico dell’NSA, cominciò a rivelare i dettagli dei programmi di sorveglianza del governo statunitense e britannico, le redazioni del Guardian e del New York Times si ritrovarono di fronte a una scelta: proteggere la fonte senza condizioni – le informazioni svelate gli avrebbero procurato un mandato di arresto internazionale – oppure no. L’unica organizzazione giornalistica che decise di aiutare Snowden nella sua ricerca di asilo politico, fu Wikileaks. Harrison, infatti, accompagnò Snowden nel volo da Hong Kong – dove quest’ultimo viveva all’epoca – a Mosca, dove ottenne asilo politico e vive tuttora. Come afferma la stessa giornalista britannica durante il panel, si trattava di una questione più politica che legale: non è un caso se la Russia, non proprio nota per il rispetto dei diritti civili e umani, era stata l’unico paese al mondo ad accogliere il whistleblower più ricercato d’America.

Stefania Maurizi, già collaboratrice di Wikileaks per il caso Cablogate del 2010, giornalista che conosce a fondo i sistemi di comunicazione criptata: “Non si tratta solo di decenza umana, proteggere la propria fonte è un dovere professionale”. Purtroppo nel nostro paese questi temi non sono ancora di conoscenza comune e, come la stessa Maurizi dichiara, nessun altro giornale italiano sarebbe stato adeguatamente preparato per una storia del genere. L’Espresso chiese tutti i pareri legali prima di pubblicare le rivelazioni di Snowden, e ricevettero pressioni dal Governo italiano e americano sulle possibili conseguenze – si parlò addirittura di richieste danni da un miliardo di euro.

Sfidare il governo più potente al mondo, spogliandolo dei suoi segreti, senza alcun tipo di interesse economico ma per il puro ideale di libertà, è un atto coraggioso. È per questo che Davide Dormino ha scelto Edward Snowden, Julian Assange e Chelsea Manning, come eroi rivoluzionari a cui dedicare il suo monumento al coraggio. Le tre figure sono rappresentate in bronzo, a grandezza naturale, in piedi su tre sedie; accanto, una quarta sedia vuota. “La sedia vuota sta per far prendere posizione alle persone, spiega Dormino: “Se sappiamo la verità, possiamo decidere da che parte stare.”