L’European Journalism Centre a caccia di reportage innovativi

Foto: Francesca Briga
Foto: Francesca Briga

Il workshop ‘Kapuscinki reloaded, ovvero: quando l’innovazione sposa il reportage è stato intitolato alla memoria di uno dei più grandi reporter del mondo per sottolineare come gli insegnamenti e i modelli siano necessari ai giornalisti e ai reporter di oggi perché li integrino con mezzi moderni. L’ EJC, European Journalism Centre, è un progetto di finanziamento di reportage che si articola in tappe di difficoltà crescente. I reportage proposti devono essere innovativi e soprattutto basati sui big data e, visto il budget elevato, gli standard delle candidature sono molto alti. Il workshop è servito a dare consigli su come scrivere una candidatura ( il prossimo bando scade il 23 luglio), attraverso gli esempi e le testimonianze dei precedenti vincitori di bando.

La prima testimonianza è quella di Stefano Liberti, giornalista e autore di ‘The dark side of italian tomatoes’, reportage nel quale viene seguita l’intera filiera dei pomodori in Puglia. Si parte dalla raccolta, passando per le aziende di trasformazione a Salerno, e si arriva ai Paesi di destinazione: quelli dell’Africa occidentale, da dove provengono gli stessi che hanno raccolto i pomodori. Partendo dall’analisi dei dati, il team ha colto uno strano fenomeno: l’aumento dell’esportazione dall’Italia verso l’Africa corrisponde alla diminuzione di produzione di pomodori in quegli stessi Paesi. La produzione di pomodoro concentrato, sussidiata dall’Unione Europea, ha quindi ucciso la produzione locale dei Paesi africani.

«Il team ad oggi è costituito da cinque persone – ha spiegato Liberti – tre dei quali lo scorso febbraio si sono recati in Ghana verificando l’esatta corrispondenza tra dati e situazione reale. I dati raccolti però non riuscivano a cogliere la percezione che gli abitanti del posto avevano della situazione, ovvero che i cali di produzione non fossero dovuti all’esportazione europea ma alla concorrenza nella produzione del Burkina Faso. Una dimostrazione di quanto i dati debbano essere analizzati e interpretati ma soprattutto integrati con lo studio sul campo. La forma del reportage completo – conclude – sarà quella di un webdocumentario che sarà tradotto su diversi siti europei».

La seconda testimonianza è della giornalista spagnola Mar Cabra, partita dallo studio di un foglio Excel del Ministero degli esteri spagnolo riguardante i finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo. L’obiettivo di ‘Ayuda Oficial al Desarrollo’, non è solo quello di studiare la situazione politica di una nazione che, a causa della crisi, ha dovuto ridurre gli aiuti umanitari, ma anche verificare dati, bilanci e politiche di cinque Paesi in via di sviluppo: Guatemala (numero uno dei beneficiari), Marocco, Vietnam, Bolivia e Repubblica democratica del Congo. Attraverso un simile reportage Mar Cabra vuole anche scuotere il governo spagnolo. «Le politiche pubbliche -queste le sue parole – devono essere tali: non è tollerabile che un governo smetta di dare sussidi solo per fare il contrario rispetto a chi è venuto prima».

Elisabetta Tola è una giornalista scientifica che da molti anni lavora ad un progetto ispirato al genetista russo di inizio ‘900 Nikolaj Vavilov, padre del concetto di biodiversità (ogni pianta ha origine in un determinato luogo), viaggiatore e fondatore della prima banca di semi delle piante, sparito durante la dittatura stalinista. Il team di Elisabetta Tola ha pubblicato i suoi studi sotto forma di webdoc e audiodoc diffondendolo su più piattaforme. Il fine ultimo è il miglioramento genetico, collezionando in una banca come quella di Vavilov i semi vegetali e stimolando il dialogo tra ricercatori e contadini. Solo così si potrà produrre innovazione nel campo agricolo e migliorare la sicurezza alimentare.

Jacopo Ottaviani, moderatore dell’evento, ha vinto un bando con EJC per uno studio sul land grapping in Mozambico apparso sull’Internazionale col titolo di ‘La corsa alla terra continua, analizzando attentamente, ancor prima di partire, le informazioni proposte da Land Metrics, un database sulla produzione in tutta l’Africa. «Il giornalista – ha affermato Ottaviani – deve essere un mediatore tra dati ed esperienza sul campo. I dati rafforzano il reportage ma spesso hanno dei forti limiti e devono essere interpretati».

«L’importante è che l’approccio del reportage sia fortemente innovativo – conclude Wilfried Ruetten, direttore dell’EJC – che sia pensato per più piattaforme e che sia un progetto a lungo termine. Infine, che abbia un forte impatto sul pubblico».

Marialuisa Greco @GrecoMal