A molti piace Cracco

Ph. Roberto Baglivo
Ph. Roberto Baglivo

È il pubblico delle grandi occasioni quello che accoglie Carlo Cracco, nella Sala Raffaello dell’Hotel Brufani. Ospite sui generis per il Festival Internazionale del Giornalismo, il temutissimo giudice di Masterchef presenta la sua ultima fatica letteraria “A qualcuno piace Cracco” . Una raccolta di ricette tra tradizione e innovazione, un viaggio culinario su e giù per l’Italia. Incalzato dalle domande della giornalista Barbara Sgarzi, lo chef vicentino si racconta e si schermisce, condendo ogni risposta con il fascino svogliato che lo ha portato alla ribalta negli ultimi anni. Lo stesso titolo del suo ultimo lavoro editoriale sembra strizzare l’occhio a quel pubblico femminile che lo ha consacrato tra gli chef più attraenti del tubo catodico.

“La cucina tradizionale – ha esordito Cracco –  è molto complicata. Non basterebbero otto libri. Al contrario del mio primo lavoro, in questo libro la maggior parte delle ricette sono originali. La cucina regionale è alla base della cucina italiana”. Ricette classiche condensatesi nei taccuini delle nonne, molto tempo prima dell’attuale baillame che imperversa sui social e sui blog. La frammentazione a cui è andato incontro il discorso culinario fa guardare con una certa nostalgia a pietre miliari della valutazione gastronomica quali la Guida Michelin, fondata in Francia agli inizi del Novecento dall’omonima azienda francese di pneumatici. L’espediente dell’aneddotica storica in campo culinario ritorna più e più volte durante l’incontro che chiude questa prima giornata di Festival. Attraverso il racconto dell’invenzione del Pan di Spagna, ad opera di un pasticciere genovese per l’Imperatore di Spagna, Carlo Cracco coglie l’occasione per scagliarsi nei confronti di quegli italiani che non riconoscono il valore di quello che fanno. «Per la cronaca: nel resto del mondo quello che noi chiamiamo Pan di Spagna è conosciuto come Genoise, ovvero “fatto da un genovese”».

Ma se è vero che dinanzi alla tradizione occorre avere una sorta di timore reverenziale, i ricettari non sono circuiti chiusi e immodificabili. «Le ricette evolvono – ha spiegato il celebre cuoco – grazie alla disponibilità del banco al mercato. L’ispirazione? Io non la cerco, c’è costantemente e devo riuscire a domarla. Per chi lavora in cucina è come lavorare all’aperto, lavori sui frutti che ti danno il mare o la terra. Se non ci sono le carote, cambio il piatto per essere flessibile e tollerante con quello che c’è fuori”. Ne è passato di tempo dal suo primo risotto, un lavoro di ricerca lungo e costante in cui lo chef  Cracco ha fatto sposare all’alta cucina la riscoperta dei sapori che stuzzicano il palato.

Paola Di Giovanni