Cambiamento: istruzioni per l’uso

In un mondo tecnologico in cui regna l’immediatezza e la velocità, per via di una strana meccanica, siamo stati inconsciamente indirizzati a diminuire il nostro livello di aspettative, ci siamo abituati alla filosofia dell’accontentarsi. Sempre, in ogni cosa. Verte proprio su questo nostro cambiamento radicale il nuovo libro di Massimo Mantellini, edito da Einaudi, “Bassa risoluzione”. Con la moderazione di Mario Calabresi, direttore del quotidiano la Repubblica, il libro è stato presentato al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.

Calabresi dipinge un ritratto dell’autore, presentandolo come un esperto digitale e critico verso i giornali cartacei tradizionali, insomma, uno scrittore 2.0. “L’abbassamento delle aspettative è la sostituzione di un’idea di qualità e miglioramento con un’idea che ci si possa accontentare”. Il direttore di Repubblica comincia così a raccontare la prima volta in cui è venuto in contatto con questo cambiamento di concezione del mondo: lo individua nel momento in cui il VHS sconfisse il BETAMAX. “Perché la società sceglie un sistema qualitativamente meno forte?” La qualità non vince, il prezzo si.

Un esempio sono le compagnie low-cost: ormai la gente pur di volare spendendo poco è disposta ad accettare qualsiasi trattamento, anche se pessimo. “Parliamo dell’informazione, parliamo dei giornali, parliamo dei siti, parliamo della musica, parliamo dei film scaricati. E, in tutti questi, il downgrade, l’abbassamento delle aspettative, è chiaro ed è forte”. Il libro si apre proprio con un esempio “plastico” di questo cambiamento: Mantellini descrive due stanze della stessa casa, una accanto all’altra, in cui, in una, vi è sua figlia che ascolta musica in streaming da due casse “gracchianti”, mentre, nell’altra, vi sono due casse qualitativamente perfette, ma dimenticate in un angolo. “Oggi la musica si sente in modi barbari, però, va bene così, perché è sostituito da altre necessità e altre esperienze”, commenta Calabresi.

Lo stesso discorso è valido per i film. Ormai i siti pirata prevalgono sulla qualità, sul suono, magari anche sulla lingua, perché sono sinonimo di immediatezza e fruibilità gratuita. Il direttore di Repubblica, scherzosamente, ricorda quella volta che voleva portare le figlie al cinema a vedere “Sully”, ma si beccò un rifiuto. Le sue “due bambine”, come a lui piace chiamarle, lo avevano anticipato, il film l’avevano già visto. Certo, in inglese con i sottotitoli in greco, ma dopotutto l’aereo del film, sull’Hudson, c’era atterrato lo stesso.

Per non parlare poi dell’acquisto online che semplifica anche l’azione più naturale come uscire di casa, raggiungere il negozio, attendere, mettersi in cerca del prodotto: un procedimento alquanto elementare, che richiede uno sforzo relativo, ma che, ora come ora, non siamo più disposti a fare. Ormai è tutto fin troppo impegnativo.

Chi ce lo fa fare d’uscire, magari con la pioggia, con la stanchezza addosso, a comprare un quotidiano, se abbiamo tutte le notizie che vogliamo a portata di un click? Calabresi confessa di essersi concesso di fermare una signora per strada che sottobraccio, uscita dall’edicola, stringeva la Stampa e la Repubblica, per farle i complimenti. “Signora tanti complimenti – racconta il direttore di Repubblica – Lei si è vestita, è uscita di casa, ha preso la pioggia, ha chiuso l’ombrello, è entrata, ha comprato i giornali, riapre l’ombrello, va a casa eccetera eccetera… lei per me è un eroe dei nostri tempi, complimenti!”

Da dove ha preso le mosse, dunque, il cambiamento? Mantellini prende il microfono e aggiunge un passaggio importante alle riflessioni fatte fino ad ora: il cambiamento non ha investito solo la musica, i film, lo shopping, ma anche l’arte e soprattutto la cultura. Non ci sono proprio, quindi, risvolti positivi? Forse si, vanno solo trovati. O almeno così suggerisce lo scrittore. “Mi è sembrato e continua a sembrarmi tutt’ora che, in realtà, dentro questa riduzione -per esempio nel VHS no, quella è stata una scelta di riduzione e basta- in molte nostre scelte di riduzione, anche mediate dalla tecnologia, ci sono delle piccole scintille di novità, d’intelligenza, che noi tendiamo un po’ a sottovalutare. Nella sostanza abbiamo cambiato radicalmente il nostro approccio e quella non è per forza una scelta di riduzione. Il fatto di poter trovare il valore da un’altra parte è un altro di quegli aspetti che si ritrovano spesso immaginare questa riduzione come una sorta di riduzione complessiva del valore, molto spesso è una stupidaggine, molto spesso il valore si aggiunge ed è da un’altra parte molti fenomeni di critica fatti agli ambienti digitali sono fatti con questo criterio: si prende un fenomeno oggettivo e non si osserva dove, invece, il valore si aggiunge”.

Non bisogna individuare nel progresso, nel cambiamento, sempre l’elemento negativo. Le complicazioni spesso possono sorgere dal modo in cui noi ci rapportiamo con la novità. Questo, indubbiamente, ricorre anche nel nostro rapporto amore-odio con la tecnologia: quanto spesso attribuiamo colpe al mondo 2.0 senza prima esserci chiesti se, in realtà, il problema risieda, invece, nel modo in cui noi ci rapportiamo con esso? Come dimostrazione, Calabresi, propone l’esempio degli hater nei social e Mantellini, in risposta, ricorda il caso raccontato da Repubblica della signora che, non conoscendo a sufficienza Twitter, insultò la Presidente della Camera Boldrini, senza nemmeno essere del tutto cosciente di averlo fatto pubblicamente e della reale conseguenza delle sue azioni. Il problema, infatti, in questi casi, risiede principalmente nella disinformazione. Di certo il web, che raccoglie informazioni di ogni sorta, vere e false che siano, non è d’aiuto, ma, anzi, spesso incrementa questa ignoranza sempre più diffusa.

Ai nostri giorni il cambiamento di filosofia d’interazione con la realtà investe, sfortunatamente, anche il mondo dell’informazione, inquinandolo troppo spesso con le famigerate fake news, ma, soprattutto, mettendo in crisi la vendita del cartaceo. La tradizione si sta pian piano sgretolando, ma non è questa la vera problematica. In realtà, il rischio, s’annida nel modo in cui la carta pian piano stia scomparendo sotterrata dal digitale: è difficile che avvenga una selezione accurata e costante delle news in rete, presso che impossibile, se non con un’accortissima analisi. E, se questo criterio di scelta non viene sempre rispettato, la responsabilità ricade non più solo su chi la diffonde, ma, soprattutto, su chi legge con superficialità e magari si rende megafono di falsità. Qual è la soluzione per affrontare al meglio questo cambiamento inevitabile? Mantellini la individua in una sola opzione: evitare di produrre il contrasto abissale “alto-serio” contro “basso-facile”. “Il problema è che se io ti metto sempre in ballottaggio una cosa alta e più seria, su cui tu ti devi impegnare, e vicino ti metto sempre una cosa bassa e facile, chiunque, istintivamente, ti dice fammi guardare quella facile. Quindi devi smettere di fare questa operazione. Devi dire no, non ti metto continuamente alto e basso”. Ma, soprattutto, non è detta che la facile e bassa fruizione debba equivalere automaticamente a una carenza di contenuti, non è scontato. Chi ha mai detto che non possa esistere una mediazione, un equilibrio?

Calabresi, in conclusione, cercando di ricollegare i punti salienti della riflessione, propone un’immagine interessante: la nostra epoca come un happy hour. Non c’è bisogno, dice, di tornare al pranzo tradizionale, dalla mille portate, c’è solo bisogno di porre un po’ più d’attenzione al modo d’interagire con la nuova epoca. Nessuno ci ha imposto di consumare per forza, durante il nostro happy hour, olive ascolane fredde, fritte magari da due giorni. Perché allora non cominciare a pensare a olive ascolane fresche e fritte da poco? Sta proprio qui la differenza e ora non sta che a noi se coglierla o no.