I rischi della diffamazione in rete

Foto: Giovanna Ortugno.
Foto: Giovanna Ortugno.

L’informazione sul web è stampa? Da questa domanda fondamentale per il mondo del giornalismo digitale è iniziato il panel La diffamazione nell’era di internet, tenuto dall’avvocato Marcello Bergonzi Perrone, esperto di diritto delle nuove tecnologie e redattore della rivista giuridica ‘Ciberspazio e diritto’.

Affrontando l’argomento della diffamazione dal punto di vista giuridico bisogna tenere conto di due elementi che distinguono le informazioni trasmesse via internet da quelle offerte dalla carta stampata: in primo luogo, l’estensione territoriale illimitata del messaggio digitale, e in secondo luogo la sua permanenza nel tempo, molto più estesa rispetto a quella analogica. «Nonostante ciò – ci dice l’avvocato – qualsiasi tipo di diffusione di notizie in internet può essere elemento oggettivo del reato di diffamazione, dal blog personale alla recensione su TripAdvisor».

«Secondo il nostro Codice Penale (art. 595) – prosegue Perrone – la diffamazione è un delitto che chiunque può commettere nel momento in cui lede l’altrui reputazione in presenza di più persone ed è punibile con la reclusione o con una multa, pena che aumenta nel momento in cui il reato venga commesso attraverso la stampa o qualsiasi altro mezzo di pubblicità». Secondo la legislazione odierna, in quest’ultimo concetto, quello pubblicitario, rientra anche il caso del web.

Il codice penale potrebbe sembrare, quindi,  in contrasto con alcuni importanti diritti costituzionalmente garantiti, cioè la libertà di pensiero e il diritto di cronaca, citati nell’articolo 21. È proprio per redimere questo contrasto che la Corte di Cassazione ha introdotto dei limiti nel diritto di cronaca e di critica, riassumibili in tre principi validi anche per l’informazione via web: un principio di verità (ovvero di attinenza dell’informazione allo svolgimento dei fatti, o al modo in cui essi sono stati riportati), il principio di continenza (ossia l’espressione di questo diritto in forma civile e non aggressiva) e, infine, il principio di pertinenza (una pertinenza oggettiva, ossia la rilevanza pubblica di una notizia, e una pertinenza soggettiva, cioè l’interesse pubblico-sociale assunto da una notizia strettamente personale). Oltre a questi principi universali, però, qual è il legame fra la stampa e il web, dal punto di vista dell’informazione?

«Se consideriamo la stampa come una qualsiasi riproduzione tipografica o comunque ottenuta con mezzi meccanici o fisico-chimici – afferma il legale –  riconducibile a un unico direttore responsabile (altrimenti si sfocia nella stampa clandestina), come precisato nei primi articoli della legge numero 47 del 1948, sembra chiaro che stampa e web siano due universi assolutamente distinti. La sopraccitata legge sulla stampa prevede un periodo di reclusione più un risarcimento pecuniario per la diffamazione a mezzo stampa (in cui rientrano anche radio e tv, pur con le dovute specificità). Questa pena è applicabile non solo al reo, ma anche a chiunque concorra al reato, così come al direttore responsabile che non rettifichi la diffamazione (dal momento che ha il dovere di controllare tutto quanto venga pubblicato). Allo stesso modo, dal 2012, la Cassazione ha stabilito che la pena sia applicabile a maggior ragione nel caso in cui il direttore sia consenziente alla diffamazione, così come la colpa ricada su di lui nel caso in cui l’informazione sia firmata con uno pseudonimo (e dunque non si possa risalire al vero colpevole)».

Inoltre, va ricordato che il reato di diffamazione è un reato non solo penale, ma anche civile, a seconda del modo e del soggetto contro cui viene commesso. Nel caso di un reato civile di diffamazione commesso a mezzo stampa la responsabilità ricade anche sul proprietario della pubblicazione e sull’editore, ma la pena prevede solo un risarcimento pecuniario.

Ci sono tre casi, però, in cui la stampa gode di una maggiore tutela rispetto al reato di diffamazione. Nel giornalismo d’inchiesta, in cui c’è un’applicazione più tenue del principio di attendibilità della fonte; nel giornalismo di denuncia, basato su sospetti di illeciti che è sufficiente siano ben argomentati; infine, nella satira, considerata una forma d’arte che non deve rispondere al principio della verità (anche se è richiesto che le informazioni trasmesse per mezzo di questa forma di espressione siano esatte). In ogni caso la stampa deve fare i conti con la legge sulla privacy, trasmettendo informazioni personali e riservate solo qualora siano strettamente indispensabili.

Questi principi sono applicabili quantomeno alla forma digitale più simile alla carta stampata, ovvero i giornali telematici? La Corte di Cassazione tenta di rispondere a questa difficile domanda da alcuni anni. Nel 2010 si era giunti alla conclusione che il web fosse una forma peculiare di informazione, a cui non era applicabile la legge sulla stampa; nel 2013 però una sentenza emessa dal gip di Varese, rovesciò la situazione, introducendo il dubbio che il web fosse assimilabile alla stampa dal momento che nella legge emessa nel 1948 era impossibile prevedere gli avanzamenti tecnologici che avrebbe subito il nostro mondo e quindi l’informazione.

Un passo decisivo l’ha compiuto, sempre nel 2013, il Tribunale di Roma quando, per redimere il caso Previti-Wikimedia, ha affermato che il webmaster, a differenza del direttore previsto nella legge sulla stampa, non sia responsabile di quanto scritto da terzi sul proprio sito. All’inizio di questo 2014 la Cassazione si è espressa a favore di quest’ultima sentenza, sancendo una volta per tutte la differenza sostanziale fra web e stampa (tanto che i siti internet possono essere sequestrati, contrariamente a quanto stabilito dall’articolo 21 della Costituzione). A differenza della carta stampata, i direttori di testate web non solo non hanno alcuna responsabilità di reati di diffamazione commessi da terzi sul proprio sito, ma non sono neppure tenuti a informare questi ultimi dell’esistenza di una legislazione a riguardo. «Attenzione però – avverte Perrone – se siete caporedattori di un giornale telematico, potete stare tranquilli solo se potete dimostrare di essere estranei alla presenza nel vostro sito di contenuti diffamatori. La connivenza è ancora punibile a norma di legge».

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Giulia Cuter (@cutergi)