La cronaca sulla mafia: sul campo oggi come ieri

L’incontro dedicato al giornalismo e alla criminalità organizzata con Federico Cafiero de Raho, Procuratone Nazionale Antimafia, e i giornalisti Francesco Vitale, Tonia Cartolano e Silvia Balducci, che si è tenuto alla Sala delle Colonne, a Perugia, si è aperto con un commento perentorio: “Criminalità organizzata e cronaca sul campo, non è inutile e non è impossibile”, poiché, come ritiene Silvia Balducci, avere giornalisti in strada resta fondamentale per evitare l’informazione omologata.

Poiché l’appuntamento si svolge in occasione del decimo anniversario del terremoto che ha colpito la città dell’Aquila, la moderatrice Balducci ricorda come a seguito di quell’evento la criminalità organizzata avesse fatto una sorta di “assalto alla diligenza”, rivolgendosi così al Procuratore chiedendo cosa è cambiato e cosa ci si deve aspettare per la ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 2016 nel centro Italia. Cafiero de Raho esordisce dicendo che l’esperienza ha insegnato molto e questa ha permesso di “istituire strumenti migliori per monitorare i territori e poter per prevenire e contrastare le infiltrazioni mafiose”. Sono state determinate alcune linee guida per monitorare al meglio questi territori ed è stata istituita una struttura finalizzata alla creazione di una rete tra istituzioni che si scambiano informazioni con riferimento alle imprese che intendono sviluppare i lavori di costruzione, per evitare che le mafie si infiltrino e si accaparrino la ricostruzione post sisma.

Consigli pratici per fare buon giornalismo

Dopo aver accennato ad alcuni strumenti per contrastare una criminalità organizzata che si è fatta sempre più evoluta, l’attenzione si sposta sul ruolo e il lavoro dei giornalisti. Vitale interviene sostenendo che “soprattutto bisogna ritornare a raccontare la mafia”. Ciò che prima di tutto i giornalisti che si occupano di questi argomenti devono re-imparare a fare è studiare, poiché “non è un fenomeno che si può affrontare così, o che dall’oggi al domani ti inventi cronista anti-mafia, anche se non esiste il cronista anti-mafia, ma esiste il cronista che racconta la mafia”. Chi racconta questo fenomeno ha perciò il dovere di documentarsi e, in secondo luogo, ha il dovere di stare sul campo, bisogna “andare in terra di mafia con la consapevolezza che non è mai una passeggiata, nel senso che l’approccio da parte del giornalista è fondamentale”. La critica che sostiene il caporedattore è che al giorno d’oggi c’è troppa approssimazione, e questo spesso conduce il cronista che si sta occupando di un servizio sulla mafia a diventare esso stesso la notizia, la vittima, “cosa che significa che tu hai fatto malissimo il tuo lavoro”. Il consiglio che Vitale dà quindi agli aspiranti giornalisti presenti in sala è quello di andare sul campo e trascorrervi un po’ di tempo, frequentando i luoghi e conoscendo le persone, in modo da poter fare un racconto a 360°. “E allora avrai fatto un buon servizio”.

La parola passa poi a Tonia Cartolano, giornalista televisiva che fornisce altri consigli su come fare del buon giornalismo, e soprattutto come fare un giornalismo che sia credibile. “L’informazione televisiva come si è fatta fino ad ora, parlo soprattutto dei telegiornali, è sempre stata talmente tanto rapida che sei portato a banalizzare”, ed evitare questo rischio “è possibile solo se c’è conoscenza, che si traduce nella formazione e nella non improvvisazione”.  Un altro elemento fondamentale per fare un giornalismo che sia credibile è la credibilità delle fonti. “Oggi abbiamo perso il contatto con le fonti, perché pensiamo che la fonte sia la rete. La fonte non è la rete!”. Non si possono considerare fonte un anonimo o un altro giornalista, ma la verifica deve prevedere l’azione di andare al capo della filiera dell’informazione, e purtroppo è una cosa che attualmente si fa poco. Quando un giornalista televisivo arriva sul campo non deve subito iniziare a raccontare, prima è necessario informarsi, capire il contesto. “Preferisco bucarla un’informazione, non sbagliarla”.

La Calabria, un caso di cui si parla troppo poco

Rivolgendosi al Procuratore Nazionale, Silvia Balducci fa riferimento al caso della regione Calabria, al fatto che sui giornali nazionali si parli poco o niente delle difficoltà di una regione come questa tanto oppressa dal punto di vista criminale. Come dice Cafiero de Raho:“La Calabria purtroppo ha vissuto da sempre in una situazione di isolamento, di separatezza. Della Calabria non si interessa quasi nessuno”. In quel territorio, continua poi il Procuratore, non esiste una stampa  nazionale, non ci sono giornali che se ne occupano se non la Gazzetta del sud e alcune altre testate cittadine. “Lì ci sono giornalisti che parlano, alcuni dicendo la verità, altri rapportandola al senso comune, interpretandola”, rendendo così l’informazione sempre meno oggettiva. Secondo Cafiero de Raho, che è stato Procuratore della Repubblica a Reggio Calabria, in questa regione domina la confusione, “in Calabria la gente ha paura perché per anni non si è potuta fidare nemmeno delle istituzioni, perché le stesse istituzioni, spesso, hanno avuto rapporti con i personaggi che dominavano”. Ci sono voluti anni per modificare tutto questo sistema e negli ultimi anni tante cose sono cambiate. La soluzione sarebbe quindi quella di riuscire a trascinare la Calabria dalla parte dell’Italia, trovare gli strumenti giusti per collegarla al resto del paese. “Sarebbe utile che ci recassimo frequentemente in Calabria, perché la ‘Ndrangheta non vuole che l’Italia vada in Calabria. Quindi più ci andiamo, più probabilmente modifichiamo questo andamento”.

Come si lavora per catturare i mafiosi

Partendo poi dal caso di Matteo Messina Denaro, mafioso legato a Cosa nostra, Silvia Balducci chiede a Cafiero de Raho come mai sia lui, sia i suoi predecessori da tempo dichiarino che sono vicini alla cattura, ma non è ancora successo. “Traggo spunto proprio da questa domanda per dire come la stampa, alcune volte, sia incomprensibile nel suo modo di diffondere informazioni”, infatti il Procuratore continua raccontando di aver letto un articolo in cui si parlava del “Procuratore ‘dissimulatore, il procuratore che aveva detto notizie false” in relazione all’affermazione “nel 2019 Matteo Messina Denaro verrà sicuramente catturato”. Ma la sua affermazione deriva da un’esperienza personale, dal fatto che dopo molti anni di lavoro ha capito quali sono gli strumenti per catturare un latitante della mafia, “basta lavorarci con attenzione, tagliare le reti che sono attorno, arrivarci e alla fine vengono arrestati”. Conclude affermando che ci si sta lavorando, si stanno individuando le reti dei mafiosi e attraverso questo poi “non si può non arrivare ad un arresto o alla cattura, a meno che, è evidente, non ci siano delle forze contrarie”.