Susan Dabbous, dopo undici giorni di prigionia in Siria

“Io per loro ero un ibrido inammissibile, nata giusta e cresciuta sbagliata. Dovevo essere ricorretta, per loro, e io stessa al momento del rapimento giocai la carta delle origini arabe e chiesi di essere riconvertita. È stata una prova molto difficile, anche a livello personale e psicologico. Temevo per la vita e allo stesso tempo ho subìto sin dal primo momento una forte sindrome di Stoccolma. L’ultimo giorno, il leader del gruppo qaedista che ci aveva rapito, mi chiese come volevo morire, perché aveva trovato il quaderno coi miei appunti e mi accusò di aver raccolto un dossier su di loro. Sono tornata a casa e da lì è venuto il titolo del mio libro”.

Undici giorni di prigionia trasformati in un racconto che è molto più di un reportage di guerra. Susan Dabbous, giornalista freelance è stata rapita con altri tre colleghi italiani della Rai in Siria il 3 aprile dello scorso anno in una chiesa sconsacrata di un villaggio abbandonato, Ghassanieh. Padre siriano e madre italiana, è arrivata al Festival del giornalismo di Perugia con il suo lavoro, presentato insieme al collega di Bbc News, Richard Colebourn, il portavoce Unicef Italia, Andrea Iacomini, e la giornalista di Rai Radio Uno, Maria Gianniti, del settore Esteri. Quest’ultima, moderatrice del dibattito, ha definito il libro “importante, perché offre uno spaccato di un momento storico preciso della guerra in Siria, che ha portato poi ad evoluzioni del conflitto”.

Come ha riferito Susan Dabbous stessa, la sua storia “è stata raccontata in molti modi, ma ho colto l’occasione di farne un libro per rivelare quegli aspetti che vanno al di là delle pagine di cronaca”. La sua è stata una prigionia molto particolare. Dopo aver chiesto di “tornare sulla retta via”, visto che aveva abbandonato le sue origini musulmane per la vita occidentale, la giornalista è stata affidata alla moglie di un guerrigliero per essere rieducata come una donna musulmana. “È stato così che ho potuto vivere non solo un lato molto intimo e privato della loro vita da novelli sposi che la giovane mi ha confidato, ma aspetti della vita quotidiana degli estremisti islamici che certamente non trapelano facilmente e che sono però essenziali per capire il loro mondo, dove non ho trovato l’oscurantismo e l’integralismo estremi che mi sarei aspettata”.

Come ha ricordato Richard Colebourn, “raccogliere le informazioni in Siria è oggi estremamente complesso, la situazione politica e militare è intricata, i giornalisti affrontano viaggi di straordinaria pericolosità pur di raccontare questi luoghi. Il vantaggio per la Bbc è stato quello di arrivare subito, stabilirsi capillarmente e avere le risorse finanziare per mantenere questa copertura nel lungo periodo”. Andrea Iacomini, che ha accompagnato Susan Dabbous nel suo tour promozionale, ha dato gli spaventosi numeri di uno degli aspetti più drammatici della guerra civile in Siria, ovvero i morti e i migranti. Se, infatti, le Nazioni Unite hanno deciso di sospendere il conteggio delle vittime per inaffidabilità delle fonti, “cosa che era successa già in Bosnia e in Ruanda, e non è un buon segno — ha fatto notare il portavoce nazionale Unicef —, l’Osservatorio siriano dei diritti umani, che ha attivisti dispersi sul territorio, ne conta almeno 140mila.

Quella in Siria è certamente la più grande emergenza umanitaria del decennio e i profughi potrebbero passare dai 60mila iniziali a 300mila entro la fine dell’anno”. Impossibile dire quando la guerra civile potrà aver fine e se il regime di Bashar al-Assad cadrà definitivamente o riuscirà a sopravvivere. “Io credo che nella cultura mediorientale il culto della vita esista e sia più forte della parola morte e dei simbolismi ad essa associati, come tante volte ricorre nel linguaggio dell’estremismo. Credo anche che – ha concluso Susan Dabbous – alla fine del conflitto, la Siria sarà spacchettata in regioni e, in quel momento, vorrò tornare, per vedere cosa sarà rimasto del mio Paese”.

Caterina Cossu
@caterinacossu

Foto: Giovanni Culmone.
Foto: Giovanni Culmone.